
Una ragazza muore in circostanze misteriose. La madre di questa chiede
alla sua amica giornalista Rachel (Watts) di fare luce sulle cause del
decesso. Spulciando nella vita della vittima Rachel si imbatte in una
curiosa leggenda metropolitana che circola tra gli studenti e riguardante
una misteriosa videocassetta contenente immagini enigmatiche e inquietanti
(si intravede un misterioso anello di luce, un faro su un’isola avvolta
nella nebbia, delle carcasse di cavalli morti su una spiaggia...). Chiunque
abbia la sventura di vederla riceve una telefonata in cui la voce di una
bambina predice il futuro del malcapitato: “morirai tra sette giorni”.
Rachel, inizialmente scettica, trova la presunta videocassetta incriminata e
decide di guardarla. Subito dopo riceve lo squillo del telefono che da
inizio al conto alla rovescia verso la morte. L’unica speranza di salvezza è
legata alla decifrazione delle immagini del nastro e alla triste storia di
una bambina dotata di misteriosi poteri paranormali. In principio c’era
RINGU, il film giapponese di Hideo Nakata del 1998 (in Italia l’originale si
è potuto vedere sono in occasioni speciali come l’edizione 2000 del Far East
Film di Udine), a sua volta tratto da una serie di romanzi di Koji Suzuki
incentrati sulla maledizione della videocassetta che tra novelle a fumetti,
trasposizioni cinematografiche, sequel, prequel, remake e serie televisive
ha saputo imporsi come fenomeno di costume in estremo oriente. Una vera
miniera d’oro per Hollywood, che sempre più di frequente ficca il naso in
altre culture alla ricerca di autori e idee da rilanciare, dopo adeguato
re-styling, in salsa occidentale (l’originale, che di solito è molto meglio,
resta appannaggio dei pochi appassionati frequentatori di rassegne). Dopo
aver saccheggiato l’action asiatico dei vari Ringo Lam e John Woo, adesso
tocca al genere neo-horror post ”Sixth Sense”, quello dal budget sostenuto
(per la costruzione di ricamate atmosfere sinistre, impeccabili incastri di
montaggio ed effetti sonori che facciano ogni tanto saltare sulla sedia) e
in cui non scorre una sola goccia di sangue. THE RING di Gore Verbinski (THE
MEXICAN) è tutto qui, con l’aggravante di una recitazione sciatta e della
zavorra di certe brutte abitudini dure a morire nei dialoghi (“Tu pensi che
io sia pazza, non è vero?”, “No, io ti credo...” e così via). Il finale
parla chiaro, ormai la videocassetta infernale è giunta anche qui da noi, e
non si fermerà.
Link:
http://www.dreamworks.com/ring/
Voto: 23/30
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