
Una giovane giornalista (Ha) conduce
un’inchiesta su soggetti pedofili. Minacciata di continuo da uno di questi
tramite e-mail e telefonate, decide di cambiare numero di cellulare. Il
nuovo numero, però, provoca inconvenienti come la morte o la follia a
chiunque risponda al telefono. Per capirne di più, la ragazza si metterà
sulle tracce dei vecchi possessori del numero in questione. Vivi o morti che
siano.
Per gli ansiosi cultori della nuova ondata horror proveniente dal sol
levante, diciamo subito che questo coreano PHONE non ha niente a che vedere
col bel THE RING versione nipponica, né tanto meno con lo splendido e
semisconosciuto film-tv giapponese JU-ON (reperibile da noi in homevideo
assieme alla più convenzionale versione cinematografica, rititolata THE
GRUDGE). Ma anche gli appassionati dell’horror tout court non ci metteranno
molto a capire che la festa è rimandata.
Dopo cinque minuti di regia troppo leccata e di effetti sonori che non
trasmettono inquietudine ma in compenso fanno saltare lo spettatore dalla
poltrona, si capisce infatti che questo di Ahn (al suo esordio italiano dopo
il grande successo in patria con NIGHTMARE) è un lavoro molto più simile ai
suoi omologhi americani degli ultimi anni, innocui e patinati, che ai
sopracitati predecessori orientali, visionari e allucinati. L’armamentario
visivo e tematico composto da bambine indemoniate, telefoni che annunciano
catastrofi e case infestate da spettri rancorosi è a dir poco trito, e la
sceneggiatura annacqua il piano sovrannaturale con quello realistico (la
protagonista archivia il problema del pedofilo che la perseguita durante un
fugace quanto gratuito duello), nonché con digressioni sentimentali che
distraggono e fanno tardivamente virare la storia in un intrigo passionale.
Una confusione di livelli di lettura che ricorda molto l’altrettanto mal
riuscito LE VERITA’ NASCOSTE di Zemeckis. Troppa carne al fuoco, insomma, e
mal cucinata. E se nel finale qualche brivido arriva, è perché Ahn non
resiste alla tentazione di copiare i suoi colleghi giapponesi con fanciulle
dalla lunga chioma nera e dall’andatura faticosa.
E’ un vero peccato che nei nostri cinema siano arrivati sinora solo i
prodotti peggiori di questa nuova e fervida vena creativa. Ma purtroppo –
come ci ricorda la protagonista del film tirando fuori da una libreria un
romanzo di Susanna Tamaro (!) – spesso non sono le opere più meritevoli a
diffondersi, ma le più rassicuranti. E per un film horror essere
rassicurante è davvero una sciagura.
Voto: 13/30
13.05.2004
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