
Attirati da una locandina che lo presentava
come un prodotto in grado di evocare le suggestioni di THE RING, per giunta
col supporto del 3-D, gli spettatori si sono malauguratamente ritrovati di
fronte ad un classico specchietto per allodole, al cui confronto persino il
coreano PHONE, di per sé assai mediocre, riesce a sembrare un capolavoro.
Coproduzione tra Hong Kong e la Thailandia (unione che ha generato frutti
decisamente migliori come THE EYE ed il relativo finto seguito, quest'ultimo
ancora inedito in Italia), THE PARK fa intuire sin dal prologo la strada che
imboccherà: in un parco dei divertimenti, tra riprese sballate e comparse
sghignazzanti, una bambina precipita dalla ruota panoramica e si sfracella
al suolo.
Ovviamente, da quel momento in avanti, sul luogo si abbatterà una
maledizione (dice nulla THE GRUDGE?): dapprima devastata da un incendio, la
struttura diventerà teatro di suicidi e sparizioni, fino all’arrivo di una
combriccola di ragazzini curiosi la cui avventura si concluderà in maniera
fin troppo prevedibile.
Caratterizzato dal rozzo tentativo di mescolare alla rinfusa elementi tipici
della mitologia orientale (vampiri saltellanti, minacciosi fuochi fatui e
spiriti catturati dall’obiettivo di apparecchiature fotografiche) con quelli
della cultura horror occidentale (nell’immancabile museo delle cere compare
pure la statua di Freddy Krueger), il film accumula una serie interminabile
di situazioni malamente stereotipate accompagnandole con dialoghi veramente
agghiaccianti: impossibile stabilire con esattezza fino a qual punto il
doppiaggio italiano quasi amatoriale abbia peggiorato la situazione, fatto
sta che quando uno dei protagonisti esclama più volte “Aiuto! Ci sono i
fantasmi!” la tentazione di interrompere la visione diventa veramente forte.
Abbinata ad un surround curatissimo ma sprecato, la tanto pubblicizzata
tecnica tridimensionale rappresenta forse la delusione più grande: sicura
fonte di emicranie e di passeggeri disturbi visivi, la qualità della
realizzazione è addirittura peggiore rispetto a quella di prodotti degli
anni Ottanta quali LO SQUALO 3, WEEK-END DI TERRORE, AMITYVILLE 3-D e CANI
ASSASSINI, mentre il suo impiego è limitato solamente a certe sequenze come
già avvenne nel caso di NIGHTMARE 6, nel quale i protagonisti stessi
segnalavano l’inizio del quarto d’ora finale durante cui occorreva indossare
gli appositi “occhialini”; ma qui, forse, l’espediente utilizzato è ancora
più discutibile, dal momento che la loro necessità è indicata ogni volta
dalla comparsa sullo schermo di invadenti scritte.
Un horror senza spaventi e con un solo mistero: come è riuscito ad arrivare
nelle sale italiane, tra l’altro sottraendosi al limbo della programmazione
estiva?
Voto 01/30
10:12:04
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