THE KING
di
James Marsh
Con Gael Garcia Bernal, Pell James

di Riccardo FASSONE


Pochi film hanno creato un immaginario, un modo di guardare le cose, di confondere scientemente il reale e il fittizio come LA RABBIA GIOVANE. Forse solo NON APRITE QUELLA PORTA, che a trent’anni di distanza dalla sua prima apparizione sul grande schermo vanta ancora una teoria infinita di cloni e remake più o meno autorizzati, ha generato una pseudorealtà potente e credibile come quella evocata dal capolavoro di Malick. Pseudo perché il palcoscenico sul quale Malick collocò i propri personaggi, pur dolorosamente reale, tendeva naturalmente all’archetipo dello scontro brutale tra generazioni. Ma realtà perché tanto il Texas incestuoso e grondante sangue di Leatherface quanto la provincia profondamente disturbata di Kit&Holly sono prodotti di una fantasia che scruta ciò che esiste e lo rende più vivido, più inquietante, ma non più finto. THE KING, nuovo lavoro di James Marsh, già autore del discreto documentario WISCONSIN DEATH TRIP, appartiene a pieno titolo alla schiera di film che attinge a LA RABBIA GIOVANE come ad un calderone dal quale estrarre paesaggi (un’America rurale e perennemente assolata), personaggi, situazioni, relazioni. Così, la storia dell’amore proibito di Elvis e Malerie, fratellastri all’insaputa di lei, non può non ricordare quella di Kit&Holly. Lei, Pell James, è tanto simile fisicamente alla Sissy Spacek di trent’anni fa e tanto le assomiglia nelle movenze da far pensare ad un episodio di clonazione; lui, Gael Garcia Bernal, come Martin Sheen veste i panni di un cattivo ragazzo senza passato. THE KING è, dunque, la storia di una provincia che non è mai cresciuta, nella quale cambiano i modelli di auto, una vecchia Buick allora, un enorme pick up oggi, ma non i rapporti di sottomissione tra padri e figli, tra Dio e popolodiDio, tra il cattivo ragazzo senza passato e l’ingenua, quasi narcolettica, figlia del pastore. Come nel film di Malick, anche nell’opera di Marsh lo stratificarsi di anomalie e frustrazioni crea la violenza. Qui, però, è lo scarto di THE KING rispetto a LA RABBIA GIOVANE. Non c’è nichilismo nella violenza di Elvis, non c’è l’odio sottile e indistinto verso gli altri che sembrava possedere Kit; c’è, piuttosto, un furore che si direbbe religioso, una volontà di prevalere rispetto all’altro, di affermare attraverso l’atto predatorio un’identità negata dal fatto stesso di essere, in senso letterale, un figlio di puttana. La confezione è quella del cinema indipendente d’oltreoceano, e in parte anche i temi coincidono, ma lo stile di James Marsh, pur non privo di leziosità, ha, a tratti, uno scatto verso l’assoluto, uno sguardo che fulmineamente si volta verso l’umanità, abbandonando le strade di Corpus Christi, Texas. La devozione di Marsh verso il proprio, grandioso, modello è ancora troppa e alcune sequenze denotano un ossequio eccessivo, ma la volontà di scrutare con un distacco intelligente, prossimo al cinismo, all’interno della propria storia si avverte e fa decollare un film di belle interpretazioni (William Hurt, un pastore che, per una volta, non passa per fanatico religioso, è grande) e paesaggi dolorosi.
 

Voto: 26/30

08:12:2005

THE KING

Regia: James Marsh
Anno: 2005
Nazione: Stati Uniti d'America, Gran Bretagna
Data uscita in Italia: 25:11:2005
Genere: Drammatico