Producendo The Jacket
(ovvero la camicia di forza), la coppia Clooney-Sodenbergh non aggiunge
niente di nuovo al genere dei cosiddetti film da viaggio nel tempo.
Filone ultrainflazionato in cui il tempo si mescola con la cognizione
della realtà percepita. Sarà l'influenza lynchiana degli ultimi anni (ma
il Merry-Go-Round di
Rivette dove lo mettiamo?), sarà il successo del polpettone
Donnie Darko, ma Hollywood - si sa - quando c'è da cavalcare
un'onda, beh non si esime mai dal farlo. (Notizia di queste settimane è
il progetto per il quarto capitolo di
Ritorno al futuro...)
Così ci si ritrova dinnanzi ad un film ben diretto da John Maybury,
tuttavia non poi così originale. Il reduce di guerra Jack Stark
(interpretato dall'ottimo Adrien Brody de
Il pianista di Polanski) è sottoposto a cure cliniche
sperimentali in un ricovero per matti stile
Qualcuno volò sul nido del
cuculo (che ci balza in mente soprattutto nella sequenza della
sommossa durante la seduta di gruppo). Qui dovrà curarsi dallo stato
confusionale certamente procuratogli dall'atroce esperienza bellica in
Iraq (1991) - e siamo sulla falsariga di
Allucinazione perversa.
Qui è "condannato" a guarire da un tribunale che l'ha assolto da un
omicidio per infermità mentale. È già morto una volta, a 27 anni -
asserisce il protagonista con una voce off a inizio film. Ma la morte
non è cosa da accettare così alla leggera, specie se consci del
fatto.... che si è già morti! Quindi torniamo indietro, nel nostro
corpo, e poi andiamo avanti, fino al 2007 e cerchiamo di scoprire come
sono morto la prima (o la seconda?) volta. Un viaggio nel tempo
attraverso le proprie turbe psichiche (come già l'australiano
The Butterfly Effect ha
fatto...?), in una centrifuga gratuita di flashback e flashforward. La
novità è che la nostra macchina del tempo è un cassettone di quelli da
obitorio, dove lasciarsi internare per 3 ore quando non per una giornata
intera. Totalmente al buio, incamiciati di forza e "drogati", con
l'unica luce del nostro occhio, del nostro sguardo. Il finale è degno di
un tazzone di latte e miele davanti alla TV in seconda serata: siamo
ancora in tempo per cambiare la nostra vita in meglio (ma anche per
cambiare canale quando ce lo passeranno sul piccolo schermo). Saremo
sempre in grado di farlo, fin quando desta sarà in noi la consapevolezza
che siamo vivi.
Un filmetto che è sembrato più che altro il solito compitino da fare a
casa, con lo scopo magari di far aderire i più suggestionabili
spettatori dalle vedute temporal-esistenzialiste alla schiera degli
eletti che lo avrà apprezzato e poi incoronato "cult" solo perché non ci
hanno capito un'emerita acca!
Voto: 20/30
05:04:2005 |