Un po’
L’esercito delle dodici scimmie,
un po’ Qualcuno volò sul nido
del cuculo, The Jacket
narra della vicenda di Jack Starks, veterano della prima guerra del
golfo con disturbi della memoria che si trova coinvolto nell’omicidio di
un poliziotto. Rinchiuso in un manicomio criminale, Starks dovrà
mantenersi in bilico fra lucidità e follia mentre viene sottoposto alle
poco ortodosse cure del dottor Becker; tuttavia, proprio le sessioni
allucinatorie a cui viene sottoposto, imprigionato in una camicia di
forza (the jacket) e rinchiuso in un cassettone da obitorio, gli
permetteranno di viaggiare all’interno della sua mente e addirittura del
tempo, nel tentativo di venire a capo di quel che è rimasto della sua
esistenza, legata al filo sottile di un amore cronologicamente
impossibile.
La matrice underground del regista John Maybury è evidente e
permea tutto il film, che risulta infatti piuttosto anomalo per essere
una produzione hollywoodiana, con l’utilizzo che fa di differenti
linguaggi espressivi, mutuati dal cinema d’avanguardia degli anni
passati. Maybury trova nella mente disturbata del protagonista, nei suoi
salti temporali e nei conseguenti spaesamenti la possibilità di
applicare quanto imparato negli anni di gavetta all’interno
dell’ambiente della sperimentazione cinematografica britannica. Questo
background del regista imprime a
The Jacket una forza visiva peculiare, attraverso l’utilizzo di
tecniche miste, mescolanza di immagini ad alta e bassa definizione,
inserti psichedelici, viraggio e ipersaturazione dei colori, tutti
indizi di una notevole maestria nel padroneggiare i diversi materiali
filmici.
A colpire, di The Jacket,
è soprattutto questa visività. Da un punto di vista narrativo, di
contro, il film tratteggia bene un thriller metafisico dai risvolti
angoscianti (complice la colonna sonora del leggendario Brian Eno),
inserendovi una vicenda d’amore anomala e forse per questo
particolarmente appassionante: la contraddizione ontologica del rapporto
fra Jack e Jackie paradossalmente avvicina, da un punto di vista
patemico, ai protagonisti di The
Jacket. Detto questo, bisogna però notare che la sceneggiatura
non appare sempre scorrevole e priva di buchi, e che la storia e
l’ambientazione richiamano abbastanza altri film simili per tematiche,
come ad esempio i due citati in principio.
A conferire solidità al film c’è però il notevole cast di attori, a
cominciare da Adrien Brody, abile nel rendere intensa anche la minima
variazione espressiva; Keira Knightley, nel ruolo di Jackie, dimostra il
suo reale valore in un ruolo fino ad ora per lei inconsueto: pare
infatti che tenesse particolarmente a questa parte, per potere mettere
alla prova la propria versatilità; all’altezza anche il resto del cast,
sia per quanto riguarda i ruoli principali (Kris Kristofferson nei panni
del dottor Becker e Jennifer Jason Leigh in quelli della dottoressa
Lorenson), che quelli secondari (interessante l’interpretazione di
Daniel Craig di Mackenzie, il paziente con cui Jack stringe amicizia).
Da non trascurare infine che The
Jacket, pur perdendosi nei meandri della mente umana e in
fantascientifici viaggi nel futuro, si concede di esprimersi su
argomenti concreti ed attuali come la guerra del golfo e le istituzioni
totalizzanti (i manicomi così come l’esercito), permeando così la
vicenda di una forte carica di critica sociale.
Voto: 27/30
31:03:2005 |