Una giovane e intelligente (e anche estremamente carina,
lasciatevelo dire) Sarah Moss (Brit Marling) ha il compito di infiltrarsi
sotto copertura in un gruppo di ecoterroristi chiamati THE EAST per conto di
un'agenzia di spionaggio industriale, la Hiller Brood, che cura gli
interessi di grandi aziende multinazionali. Sarah conquisterà lentamente la
fiducia del gruppo mettendo progressivamente in discussione se stessa e i
parametri del suo mondo.
Pare che ultimamente, nel grande calo generale di idee e di capacità di
raccontarsi che ha l'America, ogni tanto capitino delle chicche.
The East è una piacevolissima
sorpresa in cui troviamo due temi che non possono non essere condivisi da
molti. Il concetto di rivalsa e quello di menzogna. A fare da corollario a
tutto ciò c'è quello della ricerca di un approccio radicale all'ecologia e
alla lotta armata come principio non tanto sovversivo ma riequilibrativo,
cioè la violenza come scotto da pagare per essere avvelenatori dell’ambiente
e della società umana. Dietro al conflitto Ambiente-Industria in realtà si
cela quello della scoperta di una identità diversa. Una identità che per
anni abbiamo pensato appartenesse al diventare grandi e adulti,
all'accettare il sistema in cui cresciamo e lavoriamo come un insieme di
regole che hanno il loro compromesso ma che dirette con adeguata lucidità e
strategia ci portano comunque verso le cose giuste da fare.
In realtà in The East si
ragiona sul fatto che qualsiasi posizione è tendenzialmente fallimentare e
che di ognuna bisogna comprenderne i pro e i contro.
è la ricerca verso se stessi
e verso le cose giuste da fare, partendo dal concetto che in realtà non
esistono umanità malvagie, ma solo confuse.
Gli ecoterroristi di The East
non sono eroi senza macchia e senza paura, ma figli ribelli (e non
rivoluzionari) della borghesia industriale americana. Quello che in realtà
li spinge quindi non è un atto d'amore verso il nostro sempre più
assoggettato pianeta, ma il desiderio di uccidere i genitori in quanto
figure in cui non ci si riconosce, prima che sul piano politico, proprio in
quello affettivo.
In questo contesto la figura della nostra protagonista Sara è in qualche
modo di grande interesse. Non sappiamo esattamente da dove venga ma cogliamo
in lei un disagio identitario continuo, dettato soprattutto dal fatto di
essere costretta a mentire continuamente. Capiamo che non è solo in
relazione al lavoro di infiltrata, ma ai rapporti umani tutti.
è la speranza di fare le cose
giuste che la spinge ad andare avanti e le cose giuste, nelle condizione del
personaggio di cui parliamo, sono appoggiate dalla sua religiosità cristiana
palesata fin da subito nel contesto del film.
Per chi conosce un po' l'America questo fattore identitario è di radicale
importanza. La fede è soprattutto ricerca di speranza e accettazione di
alcuni misteri come integrali ad una andamento comunque positivo degli
sviluppi del cosmo, ma oltre a questo, il riconoscersi in un credo religioso
impone un atteggiamento morale nei confronti dei propri gesti. La cosa
interessante è che la nostra protagonista in realtà si comporta sempre nello
stesso modo e non cambia mai atteggiamento. Anche quando cambierà opinione
sul lavoro che si trova a fare, il suo modo di pensare e il come ci si debba
comportare in realtà non muta. Persegue perseverante lo stesso atteggiamento
morale. è solo alla fine che
l’unica considerazione detta con verità, più agli altri che a se stessa, ci
paleserà il suo passaggio, probabilmente avvenuto da tempo all’interno
dell’anima del personaggio di Sarah. Insomma, in qualche modo la brava (e
davvero carina, ve l’ho già detto?) Sarah rispecchia il lato migliore della
cultura del suo paese, quella che sa che ogni gesto è fatto di dubbio e che
ci vuole fede per affrontare le cose, cose che spesso possono anche sembrare
sbagliate ma che a volte sono necessarie.
Mi sembra non da poco far notare una cosa. Brit Marling non è solo
interperete del film (insieme anche ad Alexander Skarsgaard e ad Ellen Page)
ma anche produttrice e sceneggiatrice del film in questione. Lo era anche di
un’altra pellicola di qualche anno fa (film davvero notevole) “Sound of my
voice”, in cui era sempre protagonista, sceneggiatrice e produttrice,
realizzato sempre in collaborazione creativa con Zat Batmanglij. In quel
caso la storia era quella di una coppia che entrava segretamente in una
specie di setta Yogi e scopriva le incredibili qualità carismatiche del suo
leader , interpretato da Brit Marling appunto. La definirei una ricerca
quindi. L’idea di analizzare la trasformazione che il gruppo, più o meno
segreto hanno sul singolo. Ed è una prospettiva interessante perché sono
tutti film sul futuro prossimo, talmente spaventoso che nessuno di noi potrà
affrontarlo nella sua solitudine. Lo spirito umano e il pianeta richiedono
rinuncia, condivisione, collettivizzazione. Ed io ne sono anche felice.
Unico rimpianto.. Brit Marling deve essere sicuramente fidanzata e mi sa che
non ho molte speranza.. peccato.. |