terramadre

di Ermanno Olmi

Documentario

di Luciana APICELLA

 

29/30

 

è un documentario di raro equilibrio e di grande bellezza e perfezione formale sulla necessità di tornare alla terra (già mostrato all'ultimo Festival di Berlino), l'omaggio di Ermanno Olmi a Terra Madre, la grande manifestazione torinese che ogni due anni riunisce rappresentanze di contadini e produttori dagli angoli più sperduti del pianeta, martoriato dalle catastrofi ecologiche, ambientali e climatiche, a discutere di sostenibilità, cibo, ri-umanizzazione del lavoro agricolo. Una battaglia, quella del patron di "Slow Food" Carlin Petrini, a sostegno delle agricolture ed economie locali, contro il sistema delle multinazionali che privatizzano acqua e sementi, come accade nella base delle Isole Svalbard, Norvegia, dove (ci mostrano le immagini) è stata costruita la prima Banca Mondiale del Seme, da Barroso con magniloquenza definita durante l'inaugurazione "Eden ghiacciato", in realtà nelle mani di cinque grandi proprietari, multinazionali, ca va sans dir.
Settantotto minuti divisi in due parti, ben riconoscibili. La prima, più lunga ed articolata, utilizza come raccordo i diversi momenti della manifestazione torinese, variegata danza di volti contadini e colorati abiti tradizionali, cinesi e peruviani, indiani ed africani. Su tutte le numerose voci spiccano quelle dell'attivista ambientale Vandana Shiva, paladina ecologista della lotta alla globalizzazione, che ha trasformato la sua fattoria in un deposito di millenarie conoscenze contadine, dove le biodiversità sono gelosamente conservate (sotto forma di sementi) affinchè le generazioni future possano conoscerle e utilizzarle.
A quelle immagini si intrecciano poi altri racconti, come quello dell’”uomo senza desideri”, il contadino veneto che cinquant’anni fa, interpretando l'avanzare dell'industrializzazione come atto sacrilego nei confronti della terra, fece l'estrema scelta di isolarsi dal consorzio umano, consumando solo ciò che la sua terra produceva.
La seconda parte, di puro lirismo, affida alle immagini di un contadino che lavora la sua terra (siamo in Alto Adige) la struggente necessità di recupero della voce della natura. In (quasi) totale assenza di voci umane le riprese (del poeta contadino Franco Piavoli, cui si devono pure le parti di narrazione) si concentrano sui movimenti senza tempo del lavoro manuale, sulla terra smottata o coperta di neve, sul miracolo della vita che si rinnova. Unica voce, gli echi di paesaggi sonori quasi sconosciuti agli abitanti delle città (come cantava l'ex ragazzo della via Gluck Celentano, che ha donato a Olmi un nuovo brano che accompagna i titoli di coda), rumori di foglie, rami e nuvole gonfie di pioggia, interrotti a tratti, come supremo, sacrilego sfregio, dal passaggio degli aereoplani.
Non c'è dubbio che la decisione di Olmi di abbandonare il cinema di finzione (lo annunciò dopo Centochiodi) sia da appoggiare in pieno, se i risultati sono questi. Non c'è dubbio parimenti che si tratti di materia congeniale a un regista che alla natura e all'attenzione quasi da antropologo nei confronti delle civiltà contadine ha dedicato alcuni dei suoi film più celebrati (L'albero degli zoccoli in primis). Ma non si pensi ad una celebrazione da laudator temporis acti, dei tempi in cui a misurare il passo dell'uomo erano la luce del giorno e le stagioni, perchè la proposta olmiana (e di Terra Madre) è invece estremamente rivoluzionaria nel suo recupero del passato: essa prende atto dell'esaurimento della capacità produttiva della terra, e della necessità di terminare una guerra non più sostenibile dell'uomo contro se stesso.
Se il protagonista di Centochiodi si spogliava delle catene di sovrastrutture mentali e di un intelletto astratto dal naturale scorrere della vita rifugiandosi sulle rive del fiume Po (anch'esso madre, acqua, fonte di vita), con Terra madre Olmi celebra una necessità altrettanto urgente: live with less, live more. L'afflato religioso delle precedenti opere fa spazio ad una spiritualità tutta umana e laica, fatta di terra e volti. è quasi l'allestimento di una celebrazione da rituale pagano, della madre terra appunto, e non a caso le prime parole del documentario sono passi dalle Georgiche di Virgilio (il più “religioso” degli autori pagani), scandite dalla voce lenta e antica di Omero Antonutti.
 

08:05:2009

terra madre
Regia Ermanno Olmi

Italia 2009, 78'
DUI: 08 maggio 2009
BIM

Documentario