THE TERMINAL

di Steven Spielberg
Con: Tom Hanks, Catherine Z. Jones

di Federico BERNARDI


Nel limbo dei Tempi Moderni il messaggio positivo è che l'Uomo è sempre un passo avanti alle regole da lui stesso create; Viktor è un Eroe perchè conserva gelosamente il Segreto, il desiderio ultimo del Padre; perchè nonostante gli ingranaggi oliati dei nostri sistemi di controllo una piccola rotella può bloccare tutto il Sistema, almeno metaforicamente, perchè la rotella non solo non è stupida come appare ma in realtà è un gigantesco Magnete per l'Umanità : tale è nel profondo ognuno di noi, se opportunamente caricato.
Il Prigioniero diventa così protagonista, è l'Avatar di tutti i diseredati o marginali del Terminal, la sua impronta diventa chalking, il Segno che tutti i dipendenti imprimono a loro stessi, non è l'acclamazione di Viktor per il bel gesto delle pillole, è l'improvviso ricordarsi di essere umani, la Mano è la solidarietà, è il segno identificativo che si affranca (finalmente) dal Controllo Immigrazione.
L'amore è capace quindi di spezzare financo l'estetica del luogo, il mosaico colorato come gesto per l'Amata è la perfetta metafora del dirompente effetto creativo che sempre domina lo Strutturale, il formalismo tagliente che notiamo in questi Luoghi di Passaggio.
E come la fontana mosaico nel gate incompiuto tale è l'effetto dei comportamenti di Viktor sulla Burocrazia: una cosa straniante che manda in palla un sistema perfetto, getti freschi e pazzoidi di liquido su freddo acciaio e codicilli colorati.

Poco importano gli eccessivi sentori di archi e violini, gli inevitabili orpelli come un Capra fattosi Drag Queen.
Spielberg è un Burattinaio capace di maneggiare centinaia di fili e di armonizzare caratteri, etnie, emozioni, burocrazia e gag di quart'ordine; e l'inevitabile incontro con l'Amore e il suo Destino serve a ricordarci che per quanta originalità e impegno possiamo mettere nel conquistare l'attenzione dell'Amore, ogni sforzo è vano.
Va e viene.
Continuamente: non finisce mai, non è mai iniziato.
è sempre lì, di passaggio col suo trolley nel Terminal.
Se riuscite ad abbandonarvi completamente allo Show, come per un attimo (lunghissimo) mi è capitato, potrete sentire l' Abbraccio bonario e positivo di questo Papà barbuto che un pò si crede Dio, ma che riesce ad ironizzare su se stesso in quell'angusto Gate 67 non ancora costruito e che mai lo sarà, un set perfetto, gigantesco, coordinato che nasconde eppur ci mostra l' Incompiutezza del Tutto.
 

Voto: 25/30

23.09.2004


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