
Proviamo a raccontarvela in maniera diversa: la cinepresa che indugia
sul dettaglio di una chiave inglese impegnata a fissare il pannello alla
parete della plancia di comando, invasa dalle acque; le lunghe scene di
salvataggio di un equipaggio in barca a vela, con i particolari dei "cesti"
appesi all'elicottero mediante cavi e delle difficoltà di quest'ultimo
nel portare a compimento un rifornimento in volo (lunghi minuti del film);
la cura nel mostrarci le tecniche di pesca e di stoccaggio del pesce catturato
(pescespada); l'attenzione posta nel mostrare il lavoro di previsione
metereologica in una sede televisiva, scrupolosamente documentato dalla
computer graphic. Tutto ciò si spiega ( e spiega il senso della pellicola
) in due modi: o è un omaggio esplicito alle categorie professionali coinvolte
negli eventi che seguirono all'uragano Grace ( 1991 ), segnatamente vicino
alla costa Orientale degli Stati Uniti (Gloucester, Massachussets, vicino
a Boston) e nei pressi di Sable Island, ove osò avventurarsi la barca
"protagonista" della storia (l'ANDREA GAIL) - e tra queste categorie,
ovviamente, spicca la Guardia Costiera, per abnegazione e spirito di sacrificio
ai limiti del martirio; oppure, come spesso accade nei blockbuster catastrofici
americani, si tratta di quella "indispensabile" componente tecnica, iperdescrittiva,
se non ridondante, che (vedasi TWISTER, DANTE'S PEAK o VULCANO, solo per
citare gli esempi più recenti) serve, almeno apparentemente, a riempire
il vuoto narrativo su cui vanno costruendosi (?) tali opere. Ovvero: non
ho niente da dire, tanto vale che vi informi sull'incredibile livello
raggiunto in questo o quest'altro campo dalla ricerca tecnologica a stelle
e strisce (personalmente, di TWISTER ricordo l'idea delle "palline sensibili"
ai tornado; di DANTE'S PEAK certe elaborazioni grafiche computerizzate
per la previsione dell'eruzione). Propenderei per la prima ipotesi, dato
che, tutto sommato, qui siamo al livello di tecnologie più "primitive".
Sta di fatto che il film è "invisibile": nel senso che non è rintracciabile
una struttura, un corpo, ma solo brandelli "slacciati" fra loro e visivamente
poveri, poiché la tempesta disegnata col mouse è assai monotona. Forse
dipenderà dalla scelta, poco felice, di non alternare scene spettacolari
e pause sentite come necessarie, bensì di ammorbarci con tonnellate di
grigio cupo alto quaranta metri (una sequenza di onde anomale che sembra
essere sfuggita all'hard disk di chi le ha costruite a tavolino), al punto
che un paio di volte dubitiamo dell'aderenza agli eventi realmente accaduti.
Già meglio dove rintracciamo frattaglie d'azione vera (i già citati salvataggi
"via" elicottero). Peccato che la durata di tali sequenze, come anticipato,
ci conduca sul piano inclinato della noia e faccia annegare la compattezza
della "storia" principale (le disavventure di Wahlberg, Clooney e soci).
Se non è per il motivo cui accennavo, perché mai mettersi a seguire le
peripezie dei tre naufraghi "esterni" al racconto (attenzione: una di
loro è la rediviva Jessica Harper, vista in SUSPIRIA di Dario Argento,
1977) e degli intrepidi piloti? In tutti i casi, lo spettatore si perde
e, di lì a poco, affonda.
Clooney è staticamente umido e abusa della mascella inflessibile anche
quando il viso di chiunque si piegherebbe nell'angoscia: lui, invece,
va incontro alla battuta di pesca, allo scontro coi suoi colleghi (è reo
di poco dialogo con gli stessi) e alla morte con lo stesso ghigno sardonico.
Ma va incontro anche ad un altro tipo di "battuta": soccombente, all'amico
che filosofeggia chiedendogli " Ma, capitano, cos'altro possiamo fare?"
(mentre imbarcazione/onde/fulmini e imprecazioni dello spettatore se lo
portano a fondo), risponde ironico " Molto poco, e comunque non te lo
insegnano!". E bravo! Prima ignora i bollettini meteo come un qualunque
debuttante, poi se la prende con l'Università dell'Arte Pescatoria perché
lo ha cacciato in quel pasticcio… Ma questo è nulla, poiché, un attimo
dopo, spinge l'amico ad uscire da un pertugio che chiedeva solo di essere
attraversato (magari un po' prima), mentre lui, da bravo capitano, s'inabissa
serafico come uno stoccafisso, esibendo un minutino di apnea che solo
a Hollywood…Della serie: salvati tu, che a me viene da ridere. Beh, l'apoteosi
è il buon Wahlberg (BOOGIE NIGHTS, THREE KINGS) appena uscito dal boccaporto.
Emerge e subito maledice Clooney per l'ottimismo privo di fondamento,
non prima di aver così "poetato", rivolto alla neo-vedova Diane Lane:
"Tesoro, ci siamo solo noi due, c'è solo amore. E' tutto amore…". Sbagliato:
è tutta acqua.
Gli eventi reali si sono sicuramente svolti con l'asciuttezza tipica che
hanno le tragedie nella loro versione pre-cinematografica: ecco, quindi,
che anche come "omaggio" il film è un fallimento. Non riesco a immaginare
un tizio che tenta di saldare due parti metalliche della barca, attaccato
ad una specie di albero secondario che lo sballotta in orizzontale e in
verticale, riuscendo a maneggiare la fiamma ossidrica tra un'escursione
sott'acqua e l'altra…
Voto: 20/30
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