Dedicato a Lenin, il film e` il secondo capitolo della trilogia sokuroviana dedicata ai grandi dittatori del secolo (il primo, MOLOCH, era su Hitler, il terzo, in produzione adesso, e` su Hirohito). In un'ora e mezza ricostruiamo una possibile fra le ultime giornate di vita di Lenin, confinato nella dacia di Gorky, non lontano da Mosca, compresa una visita di Stalin. Coerentemente con l'intenzione del regista, la figura del dittatore ne esce umanizzata e perfino contrita per quel che e` successo: un uomo consapevole della propria impotenza e ancora esideroso di tornare in cabina di comando. Naturalmente non ci riuscira`: restera` ai nostri occhi ormai soltanto un povero vecchio accudito da donne e servitori, sorvegliato da medici e militari, quasi immobilizzato da un'emiparesi. Ritmo a parte dunque (davvero lentissimo, piu` lento di NI NEI PIEN CHI TIEN e decisamente meno digeribile), la fotografia di questo film e` tutta a luci basse e contrasto minimo, qua e la` a discapito del fuoco, e virata su una tonalita` verde / azzurra. Il perche' va ricercato nella cifra stilistica di Sokurov: il colore e il contrasto sembrano essere gli elementi meno rilevanti del suo cinema, o forse i PIU` rilevanti in quanto assenti, dipende da che parte guardiamo la questione. Piu` attenzione al particolare e meno "distrazione" dall'immagine. Il produttore Viktor Sergeyev era presente in sala, e alla mia domanda sul perche' di questa scelta si lascia andare a un "Sokurov non ama che i suoi film somiglino a western, in cui i colori sono completamente falsi". Cita anche Tarkowskij e Bergman a proposito di questa idea. Quanto al respiro di TAURUS, posso soltanto dire che questo film ci aiuta a capire un tantino di piu` l'anima russa, attraverso gli avvenimenti di un uomo (per quanto coinvolto nella Storia stessa). E questo e` un grande pregio condiviso con tanto altro cinema russo, Tarkowskij in testa.
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