|
|
the Sword Identity di Xu Haofeng con Yu Chenghui, Song Yang e con Zhao Yuanyuan, Ma Jun |
|
|
|
![]() |
|
22/30
|
|
Epoca della dinastia Ming. In una città della Cina meridionale, a Guancheng, vivono quattro importanti famiglie di arti marziali. Chiunque voglia stabilire la propria setta nel mondo delle Wu Shu Kung Fu deve provare il proprio valore battendosi con queste. Ma, quando la richiesta di sfida proviene da Liang Henlu (Song Yang), non solo la sua domanda viene rifiutata, ma viene pure cacciato dalla città con l'accusa di essere un pirata giapponese, Alla notizia di un possibile attacco da parte di un nemico del Sol Levante, Qiu Dongyue (Yu Chenghui), il migliore maestro di arti marziali in città – l'uomo aveva lasciato la sua famiglia per vivere da eremita in montagna dopo aver scoperto l’infedeltà della sua giovane sposa - ritorna a Guacheng per ripristinare l'ordine, sconfiggere il nemico e provare la vera “identità della spada”. Dopo una serie di combattimenti, si scopre che la presunta katana di Liang – causa scatenante della caccia all'uomo contro Liang Henlu - non era di provenienza giapponese ma era stata l’arma usata dal reggimento del generale Qi per resistere ai pirati nipponici. La spada di Liang viene così accettata dalle quattro famiglie e considerata un’arma cinese, la pace viene ripristinata, e Liang Henlu può finalmente tramandare ai civili la sua abilità con la spada. Esordio alla regia per Xu Haofeng che, per questa sua prima opera, sceglie il genere wu xia. Tuttavia, più che portare sullo schermo scene di duelli – il ché si sarebbe dimostrato del tutto coerente con le esigenze dettate dal genere prescelto – sembra di assistere a delle lezioni di danza. La resa dei conti finale, poi, ha decisamente poco sotto il profilo di una “resa dei conti” e molto più in termini di “coreografia tra corpi”. Le sfide di arti marziali non sono solo degli eventi, ma costituiscono i mezzi/modi per forgiare una mentalità e confermare dei valori. Nella pellicola, prevale più la volontà di porre il focus su una serie di “arti marziali interiori“ presentate attraverso suggestioni visive e uditive, che finiscono per ridurre la valenza delle spade e il loro utilizzo a meri oggetti ornamentali. Ne deriva una (quasi) mancanza di suspense che produce un “inabissamento” della volontà di fruizione/ricezione. Wokou de zongji è l'esempio di come, alle volte, “chi troppo vuole, nulla stringe”!
07:09:2011 |
|
|
|
|