Premiato a sorpresa con il Leone d’oro, Still Life di Jia Zhan-ke narra la
storia parallela di Han Sanming, minatore, e Shen Hong, infermiera, che
ritornano nel piccolo villaggio di Fengjie, per ritrovare rispettivamente,
la figlia e il marito, scomparsi da anni.
Ciò che resta del villaggio, ormai sommerso dall’acqua e da una nostalgia
profonda, è un profilo sbiadito e fantasma. Sulle macerie di tanto passato e
tanti ricordi si costruisce la diga delle Tre Gole, simbolo imponente di una
modernità che la Cina vuole a tutti i costi affermare, anche a danno di una
tradizione secolare e solenne.
Quello del regista sembra l’ultimo canto d’amore per un paesaggio che,
inesorabilmente, cambia col cambiare dei tempi, sacrificato sull’altare di
un progresso considerato inevitabile.
Lo svilupparsi della storia procede asciutto ed essenziale, a tratti
ricordando la lezione dei grandi maestri del neorealismo italiano, ma allo
stesso tempo convive dialetticamente con inserti surreali e fantastici che
tanto raccontano di una terra, nonostante tutto, misteriosa e leggendaria.
La "still life" del titolo (traducibile come natura morta ma anche come
oggetto immobile) è la vita semplice degli oggetti della quotidianità, le
sigarette, il liquore, il tè, le caramelle, che scandiscono i quattro
capitoli il film. Ad essere riscattata in un tempo di modernità ineluttabile
è la poesia delle piccole cose, di banali semplici oggetti che segnano il
passare dei tempi ma che rimangono immutabili, immobili appunto, a ricordare
ancora e comunque il tempo del passato.
Voto: 28/30
29:03:2007 |