Cina,
oggi. Un operaio cerca la moglie scappata anni prima nella zona delle Tre
Gole, un bacino fluviale che, a seguito della costruzione di una
mastodontica diga, ha decretato la fine di diversi villaggi così sommersi
dalle acque. Anche la moglie, appunto, ha dovuto abbandonare la casa, e la
ricerca dell'operaio si mette male. Intanto, sempre in quella regione, una
giovane donna raggiunge l'impegnatissimo marito per rendere definitivo il
divorzio.
A oggi, Still life è forse il
più straordinario documento sull'impennata cinese (già egregiamente
tratteggiata in Shijie dello
stesso Jia due anni fa). Non tanto perché ne "documenta" e riporta le
dinamiche, ma perché si piazza al nucleo più nascosto e decisivo della
questione. Che è questo: il grande potere di creazione e sviluppo del
capitalismo si ha solo a prezzo della distruzione. Il film segue
scrupolosamente il protagonista e gli altri operai impegnati a radere al
suolo i villaggi che verranno presto sommersi dalle acque, e fa un'impietosa
cronaca della distruzione che è il nostro presente di tutti i giorni. Jia,
grazie a un lavoro eccellente sul paesaggio punta la macchina da presa su un
mondo drammaticamente instabile e precario - ma proprio questa instabilità
scongiura qualunque possibilità di rappresentazione e di "resoconto
spassionato di una data realtà". L'ambiente non è usato in senso banalmente
simbolico, l'instabilità non trova (e non può trovare) una forma
rappresentativa propria; piuttosto, verrà riverberata a latere in due modi.
Da un lato, dai geniali intermezzi fantastici digitali (un monumento che
decolla come un'astronave, un disco volante che solca improvvisamente il
cielo) che accantonano ogni pretesa di realismo spostando la rigorosa
fisicità delle ambientazioni sulla metafisica. Dall'altro, dal melodramma,
incarnato dai due plot amorosi che vediamo svolgersi: quale genere se non il
melodramma indica infatti la forma pura della disgregazione, della scissione
fatale di elementi che pur si attraggono?
Jia riduce il montaggio al minimo, si affida alla consistenza della durata e
a movimenti di macchina lenti, insinuanti e articolati che integrano in modo
straordinariamente efficace i personaggi e l'ambiente. Con un'importante
sfumatura. Gli elementi dell'immagine vengono sì collegati, ma non fino ad
essere fusi in un unico magma indistinto. Il personaggio conserva
tendenzialmente il piano ravvicinato, lasciando più spesso all'ambiente la
profondità di campo. Il risultato di tutto ciò è sì che la catastrofe
(incarnata dal paesaggio in rovina) imperversi, ma che sia sempre un passo
più in là. Il punto di vista del film è "a un passo" dalla catastrofe, in
bilico sull'abisso come l'acrobata che cammina su un filo sospeso in aria
nell'ultima inquadratura.
Still life mostra la
normalissima angoscia di abitare l'inabitabile (ovvero la disgregazione),
sospesi in uno stato di precarietà in cui ora accade un miracolo (la, moglie
ritrovata all'improvviso e per caso), ora una tragedia fuoricampo (la morte
inattesa e improvvisa del giovane amico del protagonista, fan di Chow
Yun-Fat). Jia riesce a cercare nella realtà della sua terra ciò che sa di
poter trovare solo grazie all'invenzione linguistica, legando
inestricabilmente le due cose. Ciò che così trova è l'estrema insicurezza
dei nostri tempi, in cui creazione e distruzione si tengono sempre più
problematicamente a braccetto.
Voto: 30/30
09:09:2006
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