STILL LIFE

di Jia Zhang-Ke

Con Sanming Han, Wang Hong-wei

63ma mostra del cinema di venezia

leone d'oro per il miglior film

di Marco GROSOLI

Cina, oggi. Un operaio cerca la moglie scappata anni prima nella zona delle Tre Gole, un bacino fluviale che, a seguito della costruzione di una mastodontica diga, ha decretato la fine di diversi villaggi così sommersi dalle acque. Anche la moglie, appunto, ha dovuto abbandonare la casa, e la ricerca dell'operaio si mette male. Intanto, sempre in quella regione, una giovane donna raggiunge l'impegnatissimo marito per rendere definitivo il divorzio.
A oggi, Still life è forse il più straordinario documento sull'impennata cinese (già egregiamente tratteggiata in Shijie dello stesso Jia due anni fa). Non tanto perché ne "documenta" e riporta le dinamiche, ma perché si piazza al nucleo più nascosto e decisivo della questione. Che è questo: il grande potere di creazione e sviluppo del capitalismo si ha solo a prezzo della distruzione. Il film segue scrupolosamente il protagonista e gli altri operai impegnati a radere al suolo i villaggi che verranno presto sommersi dalle acque, e fa un'impietosa cronaca della distruzione che è il nostro presente di tutti i giorni. Jia, grazie a un lavoro eccellente sul paesaggio punta la macchina da presa su un mondo drammaticamente instabile e precario - ma proprio questa instabilità scongiura qualunque possibilità di rappresentazione e di "resoconto spassionato di una data realtà". L'ambiente non è usato in senso banalmente simbolico, l'instabilità non trova (e non può trovare) una forma rappresentativa propria; piuttosto, verrà riverberata a latere in due modi. Da un lato, dai geniali intermezzi fantastici digitali (un monumento che decolla come un'astronave, un disco volante che solca improvvisamente il cielo) che accantonano ogni pretesa di realismo spostando la rigorosa fisicità delle ambientazioni sulla metafisica. Dall'altro, dal melodramma, incarnato dai due plot amorosi che vediamo svolgersi: quale genere se non il melodramma indica infatti la forma pura della disgregazione, della scissione fatale di elementi che pur si attraggono?
Jia riduce il montaggio al minimo, si affida alla consistenza della durata e a movimenti di macchina lenti, insinuanti e articolati che integrano in modo straordinariamente efficace i personaggi e l'ambiente. Con un'importante sfumatura. Gli elementi dell'immagine vengono sì collegati, ma non fino ad essere fusi in un unico magma indistinto. Il personaggio conserva tendenzialmente il piano ravvicinato, lasciando più spesso all'ambiente la profondità di campo. Il risultato di tutto ciò è sì che la catastrofe (incarnata dal paesaggio in rovina) imperversi, ma che sia sempre un passo più in là. Il punto di vista del film è "a un passo" dalla catastrofe, in bilico sull'abisso come l'acrobata che cammina su un filo sospeso in aria nell'ultima inquadratura.
Still life mostra la normalissima angoscia di abitare l'inabitabile (ovvero la disgregazione), sospesi in uno stato di precarietà in cui ora accade un miracolo (la, moglie ritrovata all'improvviso e per caso), ora una tragedia fuoricampo (la morte inattesa e improvvisa del giovane amico del protagonista, fan di Chow Yun-Fat). Jia riesce a cercare nella realtà della sua terra ciò che sa di poter trovare solo grazie all'invenzione linguistica, legando inestricabilmente le due cose. Ciò che così trova è l'estrema insicurezza dei nostri tempi, in cui creazione e distruzione si tengono sempre più problematicamente a braccetto.

 

Voto: 30/30

09:09:2006

 

Tutte le recensioni di Venezia 2006

Sanxia haoren
Regia: Zhang Ke Jia
Cina/Hong Kong 2006, 108'
DUI: 23 marzo 2007
Genere: Drammatico