SPLENDIDI AMORI
di Gregg Araki
con Kathleen Robertson, Johnathon Schaech e Matt Keeslar



Gregg Araki, ovvero come può l'opera di un regista essere riassunta con una quantità di termini alla moda (POST, PULP, PUNK, TEENAGE, FUCKED OFF, GENERATION X, ECSTASY, etc.), che dovevano rendere l'idea, forse meglio delle immagini, di un cinema generazionalmente senza scampo (nel messaggio "nichilista" e negli esiti espressivi vincolati ad un codice kitsch e improvvisativo).
Dai tempi degli esordi, però, Araki ha, paradossalmente, abbandonato la rabbia giovane, che aveva fatto di DOOM GENERATION un film "CULT" (ahi…), mettendo in atto un processo che lo allontana da una possibile maturazione. Come spesso accade in questi casi, la voglia d'integrazione - appena un pochino - nel sistema delle major, le necessità di sopravvivenza materiale e quant'altro, hanno portato il regista a dimenticare la cattiveria e gli eccessi iniziali, per produrre una storiellina già vista in altre forme (e soprattutto altri generi).
Fingendo di rigettare il modello di vita proposto dal personaggio del produttore cinematografico post-yuppie impersonato da Eric Mabius, in realtà metabolizza l'intera Beverly Hills coi suoi miti più o meno decostruiti (si pensi al precedente ECSTASY GENERATION) e mira, in definitiva, a rimanere nell'ambito dei messaggi universalmente rassicuranti (siamo tra scapoli con bebè e "laureati" hoffmaniani).
Un triangolo amoroso inizia seguendo un percorso spericolato, ma presto si tenta di incanalarlo in un'impossibile convivenza con tanto di neonato in arrivo. Veronica, Abel (un irriconoscibile Johnathan Schaech, attore-feticcio di Araki) e Zed sono tutti senza lavoro o precari e, soprattutto, non fanno nulla per cambiare la situazione, cullandosi nella (in)stabilità di un rapporto che esiste solo al ritorno a casa, con inevitabile sesso "allargato". Ernest (il produttore) è la variabile che porta stabilità nella vita di Veronica e la divide dal gruppo,con pene d'amore infinite per gli altri due, che invece di concedersi a nuove avventure si trasformano in improbabilissimi "casalinghi" dalle sfumature omosex.
Per essere brutali, non sappiamo dire chi, tra tutti, è più (letteralmente) "coglione", dal momento che lo stesso Ernest confeziona per la sua bella una vita di ridicola beatitudine, tra weekend esotici e repentine promesse di matrimonio (qui riaffiora appena il caustico Araki del film precedente). Se per nichilismo si vuole intendere questo, meglio il finale di DOOM GENERATION che quello di SPLENDIDI AMORI, dove Zed e Abel interrompono l'atto nuziale tra gli altri due con poco coinvolgente zelo.
Molte sono le situazioni e le scene che il regista avrebbe girato diversamente anni fa: dal concerto punk all'inizio della pellicola, ai "quadretti" di sesso in comune (li immaginiamo "un po' più" camera a mano, un po' più virati su cromatismi accesi, un po' più torbidi e insistiti). Dimentichiamo la Rose Mc Gowan di DOOM GENERATION e accontentiamoci di questa Kathleen Robertson, costretta, nei dialoghi diretti con lo spettatore, a fare il verso alla Kidman di TO DIE FOR (non a caso di GUS VAN SANT, altro ex-indie emarginato passato al grande capitale delle majors e, ora, completamente integrato: WILL HUNTING, PSYCHO…), ma con ben diverso piglio e cattiveria.

Voto: 26/30

Gabriele FRANCIONI
17 - 08 - 01


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