
Ne hanno parlato tutti benissimo e lo faremo anche noi, ma evitiamo da
subito l'equivoco di prendere SPIDER-MAN per un capolavoro della storia
del cinema. Cerchiamo invece di capire quali siano le qualità che
fanno del film di Raimi un ottimo prodotto di consumo - una sorta di "bene
di prima necessità cinematografica" per il pubblico di tutto
il mondo - capace di raggiungere appieno gli scopi per cui è stato
realizzato.
Si comincia ovviamente dal racconto di un supereroe contro le forze del
male: superpoteri per la sicurezza di una città minacciata. In
sintesi, lo spunto classico in storie come questa: anche il commissario
Gordon, quando si trova alle corde, usa il telefono rosso o il bat-segnale.
Ma a differenza di Batman - e pare che anche a questo aspetto si debba
il grande successo del fumetto d'origine (e conseguentemente della pellicola)
- la presenza dell'uomo-ragno nel contesto urbano è decisamente
più discreta e marcatamente umana. Peter Parker (davvero indovinata
la scelta di Maguire) è un timido e non ha successo con le donne,
veste piuttosto male e in molte delle cose che fa è impacciato.
Con un termine di tanto cinema USA: un nerd (che però, secondo
tradizione, avrà però la sua rivincita). Ancor prima che
un "mandato", il suo è una specie di accelerato percorso
di formazione, segnato da un evento senz'altro fuori dal comune.
Per funzionare, un titolo come SPIDER-MAN deve possedere ritmo, humour
(la decadenza di Stallone/Schwarzenegger vecchio stampo ha insegnato molto)
e un ricorso tutt'altro che timido agli effetti speciali. Tutti elementi
presenti e solidi, al pari di una colonna sonora (opera del solito Danny
Elfman, già firma proprio del BATMAN di Burton) certamente funzionale.
Ma a fare di SPIDER-MAN un film cool, al passo coi tempi, è
l'attenzione ad una serie di elementi paralleli, la cui presenza permette
qualche livello di lettura in più e svincola il racconto dal proprio
- e obbligato - scheletro narrativo, cui facevamo cenno.
La più chiara tra queste chiavi secondarie è costituita
dal versante "rosa": è da lì che viene la spinta
iniziale ed è attorno a Mary Jane che tutto il resto - compresa
la possibilità stessa di un secondo episodio - si regge. SPIDER-MAN
potrebbe essere letto, senza problemi, anche come una storia d'amore.
E' essenziale però anche la riflessione sul concetto di potere.
Averlo - viene detto più volte - implica precise responsabilità.
Ma non c'è solo quello dell'Uomo-Ragno, la cui sorte si trasforma
forzatamente in missione. Anche la stampa ha le sue colpe, perché
una prima pagina può cambiare la reputazione di chiunque, e non
pochi torti sembrano essere pure dalla parte della scienza: sia Spider-man
che Goblin, a ben guardare, sono due figli degenere dell'ingegneria genetica
(l'aggiornamento dello spunto antiatomico del fumetto originale è
un altro punto a favore del film di Raimi).
Prima di chiudere non può essere tralasciato nemmeno un discorso
sull'ambientazione del film. Tutto si svolge a New York, contesto in cui
la presenza di strani velivoli e uomini appesi a ragnatele non sembra
stonare più di tanto: un posto i cui cittadini non paiono poi troppo
sorpresi dalla presenza di simili personaggi. Se ciò si deve oggettivamente
al piglio fumettistico che si è voluto mantenere nella trasposizione
cinematografica, rimane forte il riferimento extra-filmico più
invadente di sempre: molto si è detto infatti a proposito della
cancellazione del trailer con le Twin Towers. Ma più che discutere
sull'opportunità - ovviamente morale prima che pratica - di tale
rimozione, la memoria dell'11 settembre e la manifestazione di impotenza
di chi avrebbe dovuto precorrere gli eventi, fanno sembrare singolarmente
più concreto lo spirito di una vicenda in cui un supereroe
deve intervenire dove non possono né gli uomini né le istituzioni.
Voto: 30/30
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