I 13 SPETTRI
di Steve Beck
con Tony Shalhoub e Embeth Davidtz



Dopo essere rimasto vedovo ed aver perso ogni cosa a causa di un incendio che ha distrutto l'abitazione in cui viveva, il professor Arthur Kriticos tira avanti come può insieme ai figli Kathy e Bobby, tra le difficoltà quotidiane e i debitori che gli stanno addosso. Alla inaspettata morte dello zio Cyrus - eccentrico miliardario con l'hobby di cacciare spettri per poi imprigionarli in misteriosi loculi di vetro - Arthur ne eredita la stravagante e sfarzosa villa di vetro e metallo. A questo punto sembra che la sorte stia girando nella giusta direzione ma la pacchia purtroppo durerà poco. Durante un sopraluogo alla nuova dimora infatti, i Kriticos faranno la conoscenza delle dodici entità demoniache che lo zio vi aveva imprigionato per realizzare il suo oscuro disegno nel tentativo di impossessarsi dell'onnipotenza. L'unica possibilità di salvezza per il gruppo è legata ad una stanza della villa chiamata l'Ocularis al cui centro si trova una riproduzione del cosiddetto zodiaco nero, una arcana configurazione di simboli spiritici che per giungere a compimento necessita di un tredicesimo spettro, generato però da un sacrificio umano. Ufficialmente è il remake di 13GHOSTS, un b-movie diretto nel 1960 dal "Re dei Gimmiks" William Castle, di cui riprende lo spunto iniziale della casa ereditata e la trovata degli occhiali che consentono a chi li indossa di vedere i fantasmi. Il film di Steve Beck non si perde molto in preliminari, nel giro di dieci minuti ci presenta tutti i bizzarri personaggi coinvolti nella vicenda (tra cui, oltre alla famiglia Kriticos,  un bislacco sensitivo e una ragazza che si batte per i diritti dei fantasmi,...) e poi li cala all'interno della villa infestata dalle malefiche entità secondo gli schemi ben collaudati del genere. Il resto è di prammatica: le vittime predestinate che fanno una brutta fine, una adeguata dose di macelleria, le immancabili citazioni e/o scopiazzature (che arraffano da mezza storia del cinema horror: ZOMBI, SHINING, HELLRAISER, THE CELL), la resa dei conti finale; il tutto poi è aggiornato alla attuale frenesia "videoclip" del montaggio che espone la mostruosità in lampi accelerati ma con immagini nitide grazie alle moderne tecniche di ripresa e alla tecnologia digitale. Una recitazione sciatta e i dialoghi banalmente televisivi - cosa abbastanza prevedibile in questo tipo di prodotti - chiudono il cerchio. La squadra dei dodici terribili spettri in quanto a potenziale orrorifico ha poco da invidiare ai cenobiti di Clive Barker ma il cardine del film è, tanto per cambiare, la futuristica villa in cui i protagonisti rimangono imprigionati e il cui arredamento - un improbabile mix di tecnologia, art decó e art nouveau -  costituisce l'unico vero sforzo di fantasia fatto dagli autori. Pare che l'ispirazione sia arrivata dopo una visita al New York Science Museum con la sua curiosa architettura in vetro. Nella villa del film tutte pareti di cristallo infrangibile sono mobili e connesse ad un complesso sistema di ruote dentate e congegni meccanici che ne regolano il movimento e  permettono di modificare la configurazione interna della struttura in svariate possibilità. Una vera trappola di acciaio e cristallo che ha il suo fulcro nell'Ocularis e che riesce a generare una interessante - anche se non originalissima - inquietudine claustrofobica. Rispetto ai tempi del film di Castle - abbiamo avuto l'occasione di vederlo di recente al Festival della Fantascienza di Trieste, che al regista americano ha dedicato una retrospettiva curata da Alberto Farassino - tante cose sono cambiate, a cominciare dalle esigenze e dalle modalità di fruizione del pubblico nei confronti di questo genere di film. Castle cercava - con pochi soldi, molta ironia e un pizzico di sregolata ingenuità - di far saltare gli spettatori sulla sedia con tutte le trovate possibili, con risultati che oggi possono far sorridere ma che al tempo andavano spesso a segno. Oggi, i due produttori e vere menti dell'operazione Joel Silver e Robert Zemekis - si capisce che Steve  Beck è soltanto un esecutore - sono tutto fuorché ingenui e hanno voluto confezionare un prodotto senza pretese tarato per l'odierno spettatore potenziale: il teen-ager  che va al cinema per divertirsi e trascorrere il sabato pomeriggio e l'appassionato più grandicello, nostalgico di un genere su cui Hollywood, salvo rare eccezioni, non investe più.

Voto: 22/30

Loris SERAFINO
03 - 03 - 02


::: altre recensioni :::