LA SORGENTE DEL FIUME
di Theo Anghelopulos
Con: Alexandra Aidini, Nikos Poursanidis

di Emilio RANZATO


Primo capitolo di una trilogia sulla storia della Grecia e dell’Europa del novecento. 1921: la comunità greca di Odessa, che durante la Rivoluzione d’Ottobre si era schierata dalla parte dei russi, è costretta al rientro in patria dall’intervento dell’Armata Rossa. Alcuni anni dopo due giovani, figli di quegli esiliati, scoprono di amarsi, e per sfuggire al padre di lui, che vorrebbe la ragazza per sé dopo la morte della moglie, abbandonano il piccolo paese dove sono cresciuti alla volta di Salonicco. Qui il ragazzo proverà a guadagnarsi da vivere suonando la fisarmonica in una banda, ma gli sconvolgimenti politici del paese e la miseria diffusa ovunque lo spingeranno a cercare fortuna in America, dove, allo scoppio della seconda guerra mondiale, si arruolerà nell’esercito. Nel frattempo, i due figli della coppia si ritroveranno l’uno contro l’altro nella guerra civile che dividerà la Grecia fino al 1949.
Dopo la storia agonizzante di fine secolo, mastodontica statua in frantumi de Lo Sguardo di Ulisse, Anghelopulos torna alle ribollenti radici dei malesseri novecenteschi. E ancora una volta è proprio nella rappresentazione della Storia - mostro titanico e invisibile che bracca gli individui, bussa alle loro porte e invade le loro case - è in questa felice dimostrazione di una rinnovata vena visivionaria, che il cineasta greco trova quelle giustificazioni sempre necessarie ad un cinema per molti versi estremo come il suo, spesso (soprattutto di recente) in bilico fra sincerità e maniera; ed allora l’attenta composizione dell’immagine e l’artificio interpretativo, brechtianamente cercato, si fanno simbolo, la lentezza si fa meditazione, il silenzio si tramuta nel respiro di un tempo che scorre maestoso come il fiume che traghetta i destini dei personaggi, e pur fra mille suggestioni pittoriche e teatrali, la cinepresa si muove con la solenne disinvoltura d’un Dreyer, donando una difficile compostezza all’intero film, e facendo di esso un’opera assolutamente cinematografica.
Certo, quando ci si affida ad un repertorio espressivo così antirealistico poi non è facile trasmettere emozioni che superino il piano metaforico, e quando le strade dei due protagonisti si separano, rompendo il perdurante quadro di partenza, ci si accorge di non essere mai stati troppo coinvolti dalle loro vicende, anche perché le continue dilatazioni hanno finito per togliere spazio ai nodi narrativi delle storie individuali (l’innamoramento dei due giovani, la figura del padre del ragazzo, la crescita e la formazione politica dei figli ). Niente di involontario, è chiaro, ma se stavolta Anghelopulos rinuncia agli andirivieni temporali per un racconto lineare, al piano mitologico e filosofico - che dai tempi de La Recita non è più riuscito a concatenare perfettamente a quello storico-oggettivo - allora non può sottrarsi alla tradizione dell’affresco, del romanzo popolare, e sul terreno del melodramma arriva col passo pesante dell’intellettuale, dipingendo caratteri e stati d’animo che rimangono in superficie.
Su questo punto, comunque, è giusto non sbilanciarsi troppo, e sospendere ogni giudizio in attesa dei prossimi due capitoli della trilogia.
 

Voto: 24/30

21.04.2004

 


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