
Da sempre capaci di tenersi lontani da
certi luoghi comuni della commedia giovanilistica/collegiale americana, i
fratelli Farrelly hanno sviluppato nel corso degli anni '90 una cifra
stilistica del tutto personale che, pur nutrendosi in buona parte di cinismo
ed irriverenza, ha saputo sfruttare a proprio favore i canoni del cinema
mainstream, permettendo al duo di mantenere una discreta autonomia anche a
fronte di investimenti piuttosto consistenti da parte delle major. Questo
FRATELLI PER LA PELLE (STUCK ON YOU il titolo originale) ha
sorprendentemente goduto di un successo piuttosto limitato in patria e
praticamente nullo all'estero; ciononostante, il nuovo lavoro dei fratelli
Farrelly risulta essere un buon film, capace di introdurre elementi inediti
nel classico canovaccio di “commedia di formazione” tanto caro ai registi.
L'intreccio è coerente con quanto scritto dai Farrelly in passato e vede una
coppia di gemelli siamesi (Matt Damon e Greg Kinnear) partire alla volta di
Hollywood per assecondare le aspirazioni attoriali di uno dei due, salvo
scontrarsi con le limitazioni imposte dalla propria condizione. Se il tema
del viaggio, già affrontato in quasi tutte le opere dei registi, si
configura ormai come solido topos del cinema del duo, il lavoro di
analisi svolto sui personaggi in FRATELLI PER LA PELLE appare essere più
approfondito che in passato, quasi che la condizione anomala di cui sono
vittime Walt e Bob portasse in sé la necessità di indagare la singolarità,
l'unicità, dei due caratteri, nel tentativo di non cadere in una
stilizzazione macchiettistica. è
chiaro che l'interesse nei confronti delle diversità non è una novità per i
Farrelly (si pensi a Warren, fratello ritardato di Mary in TUTTI PAZZI PER
MARY, o al bambino cieco di SCEMO E PIù
SCEMO), ma lo sguardo irriverente e tutto sommato scanzonato che i due
avevano sempre riservato a personaggi di questo tipo, si trasforma in
FRATELLI PER LA PELLE in un'analisi lucida delle interazioni tra l'
“anomalo” ed il “normale”. Se, infatti, nella cittadina da cui provengono,
Walt e Bob sono considerati in tutto e per tutto normali, l'arrivo ad
Hollywood costituirà un momento traumatico (superato, è ovvio, con le
soluzioni iperboliche della commedia), che costringerà la coppia a
riflettere sulla propria effettiva inettitudine rispetto ad alcuni aspetti
della vita sociale ed affettiva. Il film è godibile, alcuni momenti sono
degni della migliore comicità surreale dei Farrelly, ma ai registi non si
perdona una certa timidezza nel trattare il tema dell'handicap fisico, che
si traduce in un lieto fine stiracchiato, che smentisce il tono ironico
adottato da Damon e Kinnear nell'interpretare i propri personaggi,
riconducendoli ad una “normalità” forzata che, se non altro, avrebbe
meritato una riflessione più approfondita. Buona, come sempre, la colonna
sonora, ed eccellente, come già detto, l'interpretazione degli attori;
delude l'incapacità dei Farrelly di portare il proprio originale
ragionamento a conseguenze coerenti e l'adesione, in certi frangenti, ad un
politically correct un po' borioso fa davvero storcere il naso.
Voto: 25/30
26.06.2004
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