SOLSTIZIO D'ESTATE
di Tran Anh Hung
con Tran Nu Yen Khe, Nhu Quynh Nguyen, Le Khanh, Quang Hai Ngo



Storia di immagini quella di questo terzo film di Tran Anh Hung, che torna a descriverci, come ne IL PROFUMO DELLA PAPAIA VERDE (Camera d'or per la miglior opera prima a Cannes '93) le delicate atmosfere del suo paese d'origine: il Vietnam.
Sullo sfondo di un'incantata e avvolgente Hanoi, il regista racconta un mese di vita di tre sorelle, legate da una complicità evidente, ma divise dai segreti inconfessabili che minacciano la loro immobile quotidianità.
E nel seguire i ritmi cauti dello scorrere degli eventi, i nostri sensi di spettatore occidentale vengono coinvolti dall'incredibile equilibrio delle forme, dalla sensualità dei movimenti, dalla pacatezza della luce, dal fascino della musica e anche dal gusto e dagli odori di un mondo rituale in ogni sua espressione.
Elemento centrale del film è il silenzio. Ma non inteso come sintomo di incomunicabilità, quanto piuttosto come condizione necessaria all'armonia. Quello che traspare è che solo attraverso l'accettazione implicita della sofferenza si arriva a superare il dolore, paradossalmente in modo più solido e profondo che non con il confronto diretto. E forse questa è la differenza culturale più evidente, che ci permette di gustare il sapore di questo affresco perfetto, senza coglierne la più intima essenza. Nello svilimento continuo del dialogo, infatti, le parole vengono ridotte a semplici strumenti di scambio quotidiano, mentre tutto ciò che ha un peso viene trasmesso attraverso le forme ed i movimenti. Forme e movimenti che si ripetono in modo regolare dando alle sequenze il ritmo lento di una quotidianità che usa come schermo le piccole cose.
E' questo il motivo per cui il regista descrive più volte il risveglio di Lien e suo fratello Hai: nella volutamente imperfetta successione di gesti, i due seguono le regole di una ritualità che va oltre la pura forma. E il tempo sembra passare solo nella loro casa, scandito dal ritmo lento e coinvolgente della musica di Lou Reed e dei Velvet Underground che, per una strana associazione emotiva, incornicia magicamente l'essenza del loro rapporto.
Tutte le altre vicende, accompagnate dalle immagini armoniose di un tutto che si fonde col dettaglio, sembrano, invece, quasi perdersi in un infinito atemporale, che dà alla storia un significato relativo e rende gli interpreti semplici strumenti di messaggi universali.

Voto: 28/30

Francesca MANFRONI
17 - 08 - 01


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