THE SKULLS - I TESCHI
di Rob Cohen
con Joshua Jackson, Paul Walker e Hill Harper



THE SKULLS (I TESCHI, 2000) è un film paradigmatico nell'affermazione di una regola aurea del cinema: mai tentare di affermare in una singola opera concetti o messaggi antitetici. E, mai e poi mai, leggere la sceneggiatura a pellicola terminata.
Una setta segreta senza scrupoli recluta adepti tra i virgulti di un college americano, scegliendoli abilmente tra i più dotati ma poveri e, viceversa, i semplicemente ricchi e sfrontati.
Joshua Jackson, icona del sottogenere "horror universitario" (già visto in URBAN LEGEND) appartiene alla prima categoria, dal momento che lo vediamo servire i compagni nella mensa del college. Campione di canottaggio e squattrinato, frequenta (e chi se no?) un ragazzo di colore aspirante giornalista che vuole scoprire cosa c'è dietro gli "Skulls", ed una ragazza semplice e carina (strana cosa: è l'unica figura femminile del film, se si escludono le modelle assoldate dalla setta per un party d'"iniziazione").
Ma il tarlo della scalata sociale o, semplicemente, il bisogno dei soldi per la retta scolastica, lo mettono presto sulla strada dei vincenti, con grande rammarico dei suoi vecchi compagni. Il suo alter ego (Paul Walker, PLEASENTVILLE) ne è, ovviamente, l'antitesi: figlio dell'eminenza nera degli Skulls, il bullo Caleb ha la strada spianata verso l'alta gerarchia dei Teschi. Ma qualcosa va, meglio "deve" andare storto.
E' proprio a questo punto che la sceneggiatura andava letta con più attenzione: siamo ancora all'inizio (forse si è perso troppo tempo nella descrizione del "contesto"), in pratica non abbiamo ancora visto quali siano le attività della setta e il testo di John Pogue (U.S. MARSHALLS) ci porta già ad un climax inatteso e non preparato (un assassinio)? Luke (J. Jackson) non ha ancora fatto niente come "Teschio", se non marchiarselo a fuoco sulla pelle e riceverne in cambio una splendida auto d'epoca (i colleghi, malvagi, girano invece con le Ferrari o Bmw d'ordinanza. Questi sarebbero i profondi sottintesi del film…..), non ha ancora capito cosa è diventato, che già la vicenda lo porta a pentirsi della scelta fatta?
E' evidente che la storia di Pogue fa già acqua da tutte le parti e Rob Cohen (già regista di DRAGONHEART, mica dei FLINSTONES…) avrebbe dovuto porre rimedio con un rallentamento della narrazione e qualche raccordo registico o invenzione sua personale: niente di tutto ciò. Noi siamo come il poveretto che,a questo punto,volendo capire come vanno le cose, fa una brutta fine.
L'ambientazione goticheggiante (ma forse è solo colpa dell'architettura catacombale e poco americana del college o del fatto che la setta non può riunirsi all'ultimo piano di un palazzo in vetro) suona, comunque, leggermente fuori luogo, sintomo di una totale mancanza d'ironia nella visione; anzi, ci dice che Rob Cohen cura la confezione più del contenuto, perdendo tempo nello studio delle luci nella scena del risveglio pre-iniziazione, oppure quando indugia in riprese d'abilità sui tetti della città; universitaria.
Certe inquadrature ravvicinate sui protagonisti, con tagli di luce ad effetto, inoltre, avvicinano un po' troppo THE SKULLS all'estetica dei TV-movie, per tacere, poi, degli inseguimenti di prammatica e le sparatorie incrociate, cui avremmo rinunciato volentieri.
Ma quello che, al massimo, avrebbe potuto essere un prodotto patinato di puro intrattenimento, sconfina nel grottesco quando tenta di dimostrare l'indimostrabile: tra i capi della setta, c'è un'anima bianca. Nientemeno che il protagonista di capolavori come LIVE AND DIE IN LOS ANGELES e MANHUNTER (Friedkin e Mann!!!), il povero William L. Petersen, recuperato da un limbo ormai decennale, deve portare la croce di un ruolo ingrato, allo stesso tempo secondario e visibilissimo nella sua incongruenza: se perdi più di un'ora a dire che i Teschi sanno solo e ostinatamente ammazzare (anche chi poteva essere salvato), se ti metti sulla strada di una evidente political correctness, non puoi dimostrare che queste sette sanguinarie hanno al loro interno degli illuminati riformatori e che, quindi, non tutto è da buttare. Senza dire che, anche qui, abbiamo altri piccoli buchi logici nella storia.
Luke, intanto, si è messo sulle tracce dei colpevoli, che a loro volta lo braccano da vicino. Toccherà proprio a Petersen aiutare il nostro disorientato eroe sulla strada della liberazione, che passa anche da un ospedale psichiatrico dove viene rinchiuso (la pellicola sfiora il ridicolo) e "dopato" con psicofarmaci il cui effetto sparisce magicamente appena la sceneggiatura lo rivuole in sella e pronto a combattere…
E dopo aver appreso che il capo supremo dei cospiratori non conosce neanche le regole della sua setta, che lo costringono ad organizzare un duello finale tra il figlio Caleb Mandrake (!) e Luke Faccia da Buono, usciamo dal cinema per non assistere all'ultimo, sconclusionato scambio di battute tra Petersen-Anima Bianca e il protagonista desideroso, a questo punto, solo di fuggire dal film.
In pratica: le sette continueranno ad esistere con le regole, i ricatti, le minacce di sempre. Il nuovo capo, tale e quale ai predecessori, ci dice candidamente: questa è la cruda realtà, nulla può essere cambiato e, voi buoni, semplicemente non dovete farne parte e neanche combatterla.
Se questo è; politically correct……………………….

Voto: 23/30

Gabriele FRANCIONI
17 - 08 - 01


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