“Die grosse Stille non è un
documentario su un monastero: è un monastero”
Questo il commento dell’autore alla pellicola più coraggiosa dell’intera
selezione del Festival di quest’anno, un viaggio nel silenzio lungo due ore
e quaranta minuti tra i monaci certosini, per riscoprire il ritmo del tempo
e la sua struttura attraverso il mezzo del cinema. Groening, appassionato
film maker tedesco che ama interrogarsi sulle questioni dell’esistenza, con
questo film ci fornisce i mezzi per interrogarci sulla scelta radicale di
entrare in un convento come la Grande Chartreuse, un luogo sulle montagne
francesi, lontano dal mondo e dalla confusione, dove il tempo è scandito
dagli appuntamenti di meditazione disseminati nell'arco della giornata.
Il regista, dopo aver coltivato il progetto per 20 anni, è finalmente
riuscito ad ottenere dai monaci il permesso di filmare il monastero e la sua
vita, dove questo ordine, che risale a oltre mille anni fa, non ha mai
cambiato le sue norme, e la vita è scandita da un semplice, pacifico e
quieto
ora et labora.
La regola certosina necessita del distacco più assoluto dal mondo, e
Groening ce la rende perfettamente tramite il suo magnifico esperimento
senza aggiunta di commenti, musica, luce artificiale, effetti sonori o
visivi. Qui, dove la lingua parlata non ha alcun ruolo, unici straordinari
attori sono le cadenze della giornata assieme agli elementi della natura
circostante. Osserviamo il lavoro e la preghiera quotidiana dei monaci,
intervallati da antichi canti gregoriani e citazioni bibliche su fondo nero,
limpide come la vicinanza a dio di questi uomini così lontani da qualsiasi
quotidianità e clamore mondano.
Questo emblematico e rispettoso documentario è un difficile esempio di
cinema puro, che riesce, senza sovrastrutture di sorta, a parlare soltanto
tramite semplici immagini, con totale assenza di trama, risultando in questo
modo vera e sostanziale comunicazione.
L’unica pecca della pellicola risulta nella sua eccessiva lunghezza, dovuta
presumibilmente all’esigenza di filmare il non-tempo di un universo a sé;
dilatazione ed estensione, quindi, vengono di conseguenza, rendendo
necessario un confronto con una struttura filmica a noi estranea e desueta,
dove tutto ruota attorno al puntuale ritmo dei nove rintocchi quotidiani.
L’intento dichiarato di questo meditato (e meditante) film-monastero, nel
quale il resto del mondo si trova escluso, è di svegliare le coscienze dal
torpore televisivo al quale la sovraesposizione mediatica della Chiesa di
Roma ha forzatamente abituato credenti e non, e di spingere alla riflessione
sull’invasività del cattolicesimo secolare che continua a propagandarsi
globalmente imponendo ciechi dogmi e arrogante proselitismo.
Voto: 25/30
09:09:2005
Tutte le
recensioni di
Venezia 2005 |