La
rassegna pesarese ci propone come paradigma di modernizzazione sessantottina
del cinema un western di Monte Hellman, autore americano poco prolifico
ma che si è ritagliato nel tempo una posizione di rispetto nel sacrario
del cinema di culto.
Con
THE SHOOTING certamente, Hellman reinterpreta il genere western adattandolo
al fatalismo oscuro della sua visione. La storia è quella di un cacciatore
di taglie che, pur covando una malcelata diffidenza, accetta di guidare
attraverso il deserto una donna le cui taciute intenzioni sono di uccidere
il fratello gemello del protagonista, assoldando per lo scopo un killer
(interpretato da un giovanissimo Jack Nicholson). Hellmann realizza un
film spoglio, severo, che nega i caratteri tipici del genere western o
forse più completamente di quella maniera al tempo già affermata ad Hollywood:
un cinema formalmente povero, con inquadrature immobili e piani sequenza,
personaggi cupi, determinati al cinismo della sopravvivenza, lontani da
una caratterizzazione morale facile: né eroi né antieroi, ma solo uomini
ai quali il luogo ostile del deserto impone di svelare il lato più brutale,
laddove l'umanità si sovrappone alla animalità.
Hellmann non sfrutta a scopo spettacolare le potenzialità scenografiche
offerte dall'ambientazione western, si limita a mostrare l'apertura sconfinata
del deserto come una prigione nella quale il personaggio è costretto in
cattività, dove le forze positive dello spirito sono inevitabilmente annichilite
dalla paura e dalla necessità e sono scalzate dall'istinto fratricida.
La luce bruciata del sole è una energia velenosa che demolisce la ragione
e scatena rapporti di forza orientandoli verso la rottura e il conflitto
relazionale.
Il cinema di Hellman è certamente lontano dalla "nobiltà" di John Wayne,
dalla solennità di Leone e dallo stile della retorica hollywoodiana ma
risente comunque del difetto irrimediabilmente iscritto nei geni della
razza da cui proviene: la mancanza di sensibilità poetica.
Voto: 24/30
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