SELON MATTHIEU
di Xavier Beauvois

Xavier Beauvois è una tra le personalità più vitali del giovane cinema francese, anche se il suo nome non è noto come, ad esempio, quello di Matthieu Kassovitz. Attore per Philippe Garrel e Jacques Doillon, come regista - tacendo di Nord (1991), che ci risulta mai promosso in Italia - ha realizzato opere probabilmente mai riuscite a pieno, ma innegabilmente provocatorie. N'oublie pas que tu va mourir (1995) è stato ampiamente criticato per la vacuità di un soggetto inattuale e per lo stile forte ma discontinuo; ragioni, viceversa, anche all'origine di veri e propri atti d'amore (come testimonia il premio della Giuria al Festival di Cannes). Così forse sarà - sempre che gli venga ritagliato uno spiraglio distributivo - per il suo ultimo film presentato in concorso a Venezia. Come il precedente, anche Selon Matthieu narra difatti di un punto di svolta nella vita di un giovane e di alcune scelte estreme: se lì la condanna dell'AIDS spingeva al sacrificio in una guerra straniera, il Matthieu del titolo in questione è mosso da ideali di riscatto sociale. Tuttavia, a differenza di molto cinema "proletario" - il cui esponente di spicco è senza dubbio Ken Loach, ma che di recente ha visto protagonisti anche i fratelli Dardenne o, in Francia, Laurent Cantet (con l'ultimo Ressources humaines) - il film di Beavois, in linea con un'attuale tendenza cinematografica, mira a mettere in evidenza come l'unica ribellione oggi possibile sia inevitabilmente solitaria, senza comitati, gruppi, né tanto meno sindacati. Non più dunque La classe operaia va in paradiso o Riff Raff ma piuttosto Rosetta, My name is Joe e appunto Selon Matthieu. Muta allora anche l'obiettivo, e nella velleità di vendicarsi Matthieu sceglie di colpire il nemico, il padrone, negli affetti, ma senza successo.
Ovvio, nel titolo - in italiano: Secondo Matteo - per quanto monco, il riferimento alla Passione. La passione (intesa qui anche nell'accezione politica) è stata tolta perché non c'è più, tanto in chi lo circonda quanto, alla lunga, in Matthieu. Nonostante il finale apparentemente consolatorio e una diffusa freddezza di stile - a nostro avviso comunque figlia di una precisa ricerca - il film di Beauvois segna un punto a favore di un cinema, quello francese d'autore, che negli ultimi anni ha dimostrato la tendenza a produrre qualcosa di troppo identificabile in quanto tale.

Voto: 27/30

Andrea DE CANDIDO
03 - 01 - 02


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