IL SEGNO DEL LEONE
di Eric Rohmer
 


Restando nell'ambito astrologico tanto ben visto e rispettato dal protagonista Pierre, si potrebbe dire che le lunghe traversie che prima lo innalzano (eredità), poi fanno decadere (negazione eredità) fino a farlo arrabattare per strada come un vagabondo, e che infine lo riportano al punto di partenza, altro non sono che i movimenti della costellazione del Leone, nelle quali peculiarità zodiacali Pierre si incarna («È il segno più forte di tutti, dei vincitori»). Il suo continuo vagabondare perimetrando le strade di una Parigi tanto rigogliosa quanto marcia, è come se fosse un insieme di tappe di avvicinamento all'agosto, mese del Leone; ma è anche la collocazione adatta ad un uomo che arrivato a quarant'anni è socialmente "disingranato" nella società (in La collezionista Rohmer ci presenterà figure di dandy ancora una volta fuori dal sistema della società che "ci" vuole lavorativi, efficienti, utili: «È un atto di coraggio oggigiorno non lavorare, e non di pigro accomodamento»). Pierre trascina stancamente la sua "posizione sociale", a differenza dei signorotti correnti per le strade con le loro pipe e i loro France Soir sottobraccio. Finchè da stancamente, la porterà solamente e semplicemente a passeggio, convalidato e accettato dalla figura di un altro barbone a cui si aggregherà. La mdp presa si "limita" a pedinare Pierre nelle consuetudini tipiche di un vagare che dapprincipio sarà di hotel in hotel, poi alla ricerca di amici, poi alla ricerca di cibarie, poi alla ricerca (pessimistica) di una identità sociale (è allontanato da tutti, ma egli stesso è il primo che non osa avvicinarsi per ripudio alla gente). Rohmer fa un grande omaggio alla Parigi di fine anni Cinquanta mostrandoci innumerevoli angoli urbani, ivi compresi locali e quant'altro. Una sorta di road movie a piedi, che si giustappone alla parabola alterna di Pierre, il quale, non appena ha notizia di essere (ridiventato) ricco, torna a bordo di un'automobile.

Voto: 24/30

Giovanni MEMOLA

02-01-2000


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