
Samsara è il termine sanscrito che indica la reincarnazione, imprigionando
nelle lettere quel concetto cardine di induismo e buddismo che designa
il ciclo di vite, morti, rinascite cui è soggetto ogni essere vivente
in conseguenza del suo karma. Il superamento di questo processo doloroso
che riduce la vita a mera condizione di sofferenza è la liberazione,
il Nirvana, cui le religioni ascetiche aspirano ed anelano, ed il raggiungimento
dell'identità col Brahman, l'anima universale, è l'unico
scopo della catarsi che spinge l'anima individuale a migrare da un corpo
all'altro. Questo film coraggioso, denso, metaforico e dai mille simboli,
frutto di un'ardita coproduzione tra Germania, Francia ed Italia (Fandango),
sviluppa in modo molto ispirato eppure umanissimo il tema della lotta
di un uomo per trovare e trattenere l'illuminazione spirituale. Tashi,
il più brillante dei discepoli di un monastero arroccato sui monti
dell'Himalaya, dopo una meditazione solitaria in stato di trance durata
tre anni in un eremo sperduto tra i pinnacoli rocciosi del Ladakh, viene
risvegliato e curato per riprendere le forze. Il suo ritorno, però,
è accompagnato dagli effetti sorprendenti di un profondo risveglio
sessuale, sopito ma mai del tutto sedato da una vita dedicata ai rigori
dello sviluppo spirituale. L'incontro con Pema, donna bellissima, forte
e moderna, in occasione del rito della benedizione del raccolto, lo porterà
ad abbandonare la via dell'ascesi e scegliere il mondo, sequenza infinita
di meraviglia e felicità. Ma assieme alla beatitudine dell'unione
sessuale, Tashi conosce anche il dolore della gelosia, l'ansia della lotta,
la schiavitù del possesso e comprende, poco alla volta, che la
vita nel Samsara è assai più complessa di quanto egli stesso,
primo tra i monaci e valoroso tra gli uomini, avrebbe mai immaginato.
Tra i colpi di un destino infido che mette alla prova ogni sua scelta,
quasi ad aprirgli dinanzi baratri orribili di perdizione e morte, Tashi
si affranca dalle proprie ossessioni penetrando l'arcana serenità
della consapevolezza di dover conoscere e sperimentare per poi scegliere
con coscienza e volontà la via della rinuncia. Un'illuminazione
lo aiuterà a trovare la sua strada come goccia che, per non asciugarsi,
deve confluire nel mare ed il finale aperto lascerà solo supporre
allo spettatore di aver intuito il significato del messaggio raccolto
da Tashi. La pellicola è straordinaria e curata per fattura, fotografia
e colonna sonora; forse eccessiva la dilatazione dei tempi della narrazione,
protratta per due ore e venti, che punta a conferire alla proiezione l'aulica
magnificenza imposta dall'argomento profondo e ricchissimo ma che produce
un'inevitabile calo di incisività e piglio nel respiro più
ampio della tensione drammatica. Il film, comunque, piace molto e dà
spazio e modo di pensare, meritando di riposare nella memoria come preziosa
esperienza che finemente arricchisce.
Voto: 27/30
|