saL

di Steve McQueen

con Val Lauren, James Franco, Jim Parrack

 

 

N.C.

 

Sterile e inconsistente, supponente ai limiti di un insulso e vacuo autocompiacimento, Sal, film d'esordio dell'americanissimo James Franco, in concorso nelle sezione Orizzonti, delude ogni aspettativa, risultando esclusivamente un malriuscito rimaneggiamento di quel cinema di ricerca e sperimentazione tanto agognato ma difficilmente, considerati gli esiti, interiorizzato.

Franco ricostruisce le ultime ore di vita dell'attore Sal Mineo (il poco somigliante Val Lauren) - famoso per aver interpretato Plato in Gioventù Bruciata (1955) - assassinato nel 1976, da mano sconosciuta, con una coltellata al cuore.

Il regista racconta le telefonate, gli incontri, le prove, le pause, ma soprattutto l'iperattiva sfera sessuale del protagonista e nel farlo non disdegna l'inserto di pesanti battute e gratuite volgarità.

Il film si apre con inquadrature ravvicinate dei muscoli e del corpo dell'attore e insiste, più o meno allo stesso modo, per tutta la durata sminuendo completamente l'intento primario di ricostruzione. Continua poi riutilizzando a pieno, ma con scarsa consapevolezza, gli stereotipi del genere, attingendo indubbiamente a tanto cinema underground (come non rintracciare rimandi a Warhol o Morrisey?) e richiamando indegnamente la sublime arte sperimentale del primo Kenneth Anger.

La camera a mano, il super-8, il rispetto dei tempi “reali” e l'esaltazione di quelli morti sono tutti sintomi di un'estetica di ricerca, ma Franco li gestisce in maniera evidentemente superficiale, senza profondità.

Il piglio iperrealistico della cronaca di quell'ultima giornata con i suoi tempi allungati e i suoi modi di riscrittura iperbolici rallenta eccessivamente il ritmo, rendendolo quasi inesistente.

La retorica bassa, usata e abusata, riduce il tema dell'omosessualità a banali e incostanti rapporti   sessuali. La misoginia poi, tutt'altro che celata, viene esibita quasi costantemente e ricalcata con continue battute da parte degli omoni del film, che si relazionano quasi sempre con donne visibilmente paffute, pedanti e poco appetibili. Come se l'universo femminile si risolvesse qui. L'unica donna, così appellata, risulta alla fine una cagnolina, alla quale il protagonista riserve le sue esclusive attenzioni.

Sul finale, il cameo di spalle di Franco, che guarda Sal e un collega mentre provano sul palco improbabili dialoghi teatrali, sembra quasi voler funzionare da coming out.

SAL aspira a diventare un manifesto del cinema gay, ma non ne ha la forza strutturale. Richiama il Gus Van Sant di MILK ma, fortunatamente, non gli somiglia.

L'attore e artista visuale James Franco pecca d'indubbia presunzione, regalandoci un esordio arido, concettualmente e visivamente inefficace.

 

09:09:2011