RUE DES PLAISIRS
di Patrice Leconte
con Laetitia Casta e Patrick Timsit



Una prostituta di sconcertante innocenza, il suo angelo custode, un sogno in comune.. Questi gli ingredienti dell'ultimo melodramma del regista francese Patrice Leconte in cui grazia, paradiso, desideri ardenti e soffocati, abnegazione, musica e sacrificio si fondono in un sapore che stenta ad asciugarsi sul palato tanto è zuccherato e denso. Nel 1945, durante la Liberazione, in un'epoca in cui la ricostruzione cominciava dalla lotta al lassismo morale in cui rantolava l'orgoglio della Nazione, Leconte ambienta il suo dramma del cuore e della carne, mettendo in scena la sua personale, vivida e volutamente falsata visione delle cose, animando personaggi tanto candidi da rasentare l'idealizzazione, tanto puliti e casti da suscitare diffidenza, sfiorati ma non travolti da un destino di compromessi ed aridità. Sono i tempi della chiusura delle case di tolleranza, i tempi in cui la speranza per chi si ritrova senza niente è l'ultimo baluardo contro il demone della solitudine e dell'abiezione, i tempi in cui avere qualcuno su cui contare è più importante che avere il pane con cui spegnere la fame. Il Palazzo d'Oriente è il locale caldo come un nido e sicuro come un rifugio in cui vive Marion, la bella Marion, che vende il proprio corpo ma preserva la sua anima per un futuro di speranza.. Il postribolo è la sua casa e le altre ragazze sono la sua famiglia, in un mondo incantato e gaio in cui si stappa champagne, la pelle profuma e l'aria ha quell'aroma di talco che ben si addice alle cose pulite. La visione idealizzata del luogo culto di disillusione e povertà è il regalo di Leconte al suo pubblico che vuole un cinema che racconti l'amore, una finzione edulcorata che sposta l'attenzione dal documentario alla storia, dalla forma alla sostanza, una sorta di "astro immoto", per citare una delle sue definizioni, "un altro mondo in cui si sta bene".. Così nasce l'avventura eroica di un uomo che non potrà mai avere per sé la donna che ama e decide di vivere per farla felice e proteggerla, facendo della di lei felicità lo specchio del suo appagamento. Petit Louis è il tutto fare del bordello, l'occhio sano ed ingenuo attraverso cui filtrare i retaggi di realtà che immancabilmente non sfuggono alla macchina da presa, lo sguardo surreale con cui ricondurre ad armonia i pezzi slegati di una tragedia greca. Petit Louis, l'eccellente Patric Timsit, il miglior interprete dell'intera pellicola, ama Marion perché ama il modo in cui lui respira e vive quando lei è presente, la sua goffa immagine che specchiata negli occhi della ragazza diventa forte e degna d'amore, il candore delle pelle e la morbidezza di lei quando l'abbraccia,. Lo spunto dell'influenza dell'ambiente su persone ed eventi è sfruttato poco o nulla, RUE DES PLAISIRS non è né vuole essere un film d'epoca sulle case chiuse.. Tutto il calore e l'ansia del regista si riversano su una storia d'amore che lui vuole ricca, coinvolgente, cupa e sfocata al tempo stesso. E' infinitamente triste essere consci di non poter mai possedere il nostro desiderio ma è addirittura tragico rinunciarvi senza credere oltre qualsiasi ostacolo, al di là delle conseguenze. Petit Louis è l'amico, il fratello, l'ombra stessa di Marion, un personaggio speciale in un contesto che poteva essere di abbrutimento di corpo e cervello. Marion, invece, è una come tante, giovane e sciocca, bella e superficiale, affettuosa e crudele nella sua cecità. Marion è una bambina e, come tale, si fida di Petit Louis ed asseconda la sua visione estatica della vita.. Marion crede perché Petit Louis crede, canta perché Petit Louis le dà il coraggio, sorride solo se Petit Louis glielo chiede.. Petit Louis cerca per Marion l'uomo perfetto, il sogno che la riscatti dalla bassezza del mercimonio cui è costretta, un cavaliere che la faccia felice per sempre.. Ma, come spesso accade, il sogno non è mai gratis e l'incontro con l'uomo che cambierà la vita di Marion è foriero di disgrazie, lacrime e tragedia. Laetitia Casta ce la mette tutta per affrancarsi dall'etichetta di sex simbol e proporsi sul mercato cinematografico come interprete credibile e spessa ma, nonostante la coraggiosa mortificazione della sua bellezza in un caschetto di capelli scuri e vesti lunghe e castigate, in nome della profondità di un personaggio che non ha bisogno di costruzioni artefatte per essere sensuale, continua ad apparire come un bel corpo senz'anima che non comunica se non la tenerezza degli occhi o l'aria rassicurante di un sorriso imperfetto. Leconte, cineasta che si dice testimone del suo tempo, invece, maturo di un'arte sincera e commovente, ci regala un viaggio, un po' di aria in una sala stantia, un "altrove preferibilmente più bello di quello secondo natura" e tenta la via di un film imperfetto e talvolta incerto tra melodramma e soap che, però, tutto sommato, non manca di molto il centro del bersaglio.

Voto: 25/30

Elisa SCHIANCHI
18 - 04 - 02


::: altre recensioni :::