
ROMEO DEVE MORIRE mostra, fin dalle sequenze iniziali, i "lati" principali
di una complessa figura geometrica che coglieremo solo alla fine: essa
prende forma dalla neo-blaxploitation, legata all'universo dei rappers
e delle bande giovanili, oltre che dalla cultura legata alle arti marziali
d'Oriente, quali il kung fu e il wu shu, di cui è campione il protagonista
del film (Jet Li).
L'inattingibile rigore di una violenza calibrata e "zen", cui ricorrere
per sanare contese o riparare ingiustizie, contrapposto alla deregolamentazione
dei fratelli neri. Una limousine nera attraversa le strade di Oakland
mentre scorrono i titoli di testa: passa i quartieri poveri e si ferma
davanti ad un locale esclusivo gestito da gangster di colore. All'interno
ha luogo un alterco tra il proprietario ed un cliente (orientale), del
quale non è gradita la presenza. Subito capiamo chi saranno i protagonisti
della contesa e che il film metterà in atto una contrapposizione di contenuti
e visiva. Se ROMEO + JULIET di Baz Luhrman (1996) è da considerare
il capostipite dei crossover sia testuali che musicali, questo film ipercinetico
di Bartkowiak è il primo che conduce l'esperimento ai limiti: continuare
a catena la teoria degli innesti. E ci riesce particolarmente bene, tanto
che, al posto di "cinema di genere" (da cui tutto ciò proviene), useremo
il "cinema dei generi" più adatto al caso.
Vuol dire che il postmoderno non è ancora finito e, anzi, si va di citazione
in citazione, di clonazione in clonazione senza che le mani tremino ai
registi in questione. Si parla di organizzazioni criminali di ceppo etnico
diverso, ma entrambe vicine all'abbandono di qualsivoglia etica (anche
interna al gruppo): fatta eccezione per l'eroe fuori dal tempo, che deve
anche regolare alcuni conti in famiglia col padre (il boss di questa china-gang),
colpevole indirettamente - almeno così pare… - della morte dell'altro
figlio. La realtà, sia chiaro, sta da tutt'altra parte, ma prima di venirne
a capo, Jet Li scoprirà le delizie dell'amore interrazziale (siamo dalle
parti del testo shakespeariano). Tutti s'affannano per piacere al capitale
in mano ai bianchi, in una faccenda immobiliare che chiede il sacrificio
dei tuoi stessi fratelli e un grande dispendio di energie fisiche impiegate
in battaglia (nonché armi d'ultima generazione).
Vi attendono sorprese verso la fine….. La sorpresa più gradita è l'aria
stilisticamente tersa che si respira: intendiamoci, non nel senso di un
andamento lento o di azione ai bassi regimi! Piuttosto in quello di frequenti
oasi temporali "manniane", che altrove (cinema hongkonghese d'azione)
sono diventate un must imprescindibile. Quando s'indugia nella descrizione
dettagliata dei simboli e dei luoghi del potere (la limousine dell'inizio;
l'appartamento del fratello assassinato; ancora, l' auto di questo, quasi
una reliquia che parla), viene in mente, è chiaro, il John Woo "fase 1"
(KILLER, HARD BOILED), ma anche certi tempi ancor più "rappresi", contratti
che abbiamo conosciuto nel cinema di Johnny To (THE MISSION).
Molto belle proprio le riprese d'interni, che indugiano sui dettagli virati
verso tonalità "ghiacciate" e spente. Nel complesso, a parte il continuo
e non spiacevole virtuosismo delle scene in movimento, un ottimo film
.
Voto:27/30
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