RKO 281
di Benjamin Ross
con Liev Schreiber, Melanie Griffith e James Cromwell



"Volevo realizzare un film che non fosse tanto il resoconto di un conflitto quanto un'indagine di tipo caratteriale." Così si pronunciava Orson Welles quando, nei lontani anni '40, i giornalisti gli chiedevano un commento al suo indiscusso capolavoro CITIZEN KANE-QUARTO POTERE. Un pensiero, quello del regista, che ha fatto scuola ed ispirato il trentasettenne Benjamin Ross e il suo secondo lungometraggio RKO 281 - LA VERA STORIA DI "QUARTO POTERE".
A più di mezzo secolo dall'uscita del film che mise in crisi il mondo patinato di Hollywood, il regista inglese (THE YOUNG POISENER'S HANDBOOK, 1995) riporta sugli schermi il mito di un autore - prodigio raccontando gli intrighi, gli uomini e il genio che si celavano dietro la pellicola.
Ross rivive gli esordi di un giovane regista destinato ad essere considerato da molti il padre dell'Olimpo cinematografico e che aveva sconvolto l'America puritana con la trasmissione radiofonica LA GUERRA DEI MONDI.
La storia di un uomo e del suo spietato talento la cui pellicola avrebbe cambiato il modo di fare cinema e gettato nel panico la vita del magnate dell'editoria William Hearst.
RKO 281 non si presenta come un film storico ma un'allegoria sul conflitto tra l'arte e il commercio, la metafora dell'eroismo di cui, in fondo, fu capace lo stesso Welles: un uomo che difende l'arte é come la pace che combatte contro la guerra.
Ross dichiara, con una regia nitida e ben congeniata, la volontà di indagare la psicologia del personaggio (interpretato da un bravo e giovane Liev Schreiber) lontano, però, dalla retorica che ne circonda il mito. Un movie ad Hollywood su Hollywood, una caratterizzazione innovativa per raccontare una lotta, quella con il denaro, e lo scontro con l'ignoranza di chi ne fa la propria icona.
Un cast artistico e tecnico che assicura a Ross note di elogio: John Malkovich; Brenda Blethyn; James Cromwell; Melanie Griffith; i fratelli Scott per la produzione e la sceneggiatura di John Logan autore del pluripremiato IL GLADIATORE.
Una sfida sia dal punto di vista tecnico che di reinvenzione narratologica, un budget dimezzato e scene totalmente riprodotte sotto il cielo plumbeo di Londra ma che regala a Ross sprazzi di sole dal sapore californiano e ricostruzione fedele di un'epoca controversa.
Ross porta sullo schermo il racconto di comportamenti mostruosi che trasformarono in veleno l'idea artistica e che capirono, al contempo, però la grandezza della libertà dell'arte stessa; non un documentario ma un film nel film, un movie autonomo e coinvolgente.
Una prova molto gradita per un regista che, cosciente del pericolo e la sfida, si presenta al pubblico con energia ed una nota innovativa, qualità rara, ultimamente.
Contro lo snobbismo delle produzioni, per il piacere del racconto.

Voto: 28/30

Sara FRONDA
17 - 08 - 01


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