
"Volevo realizzare un film che non fosse tanto il resoconto di un conflitto
quanto un'indagine di tipo caratteriale." Così si pronunciava Orson Welles
quando, nei lontani anni '40, i giornalisti gli chiedevano un commento
al suo indiscusso capolavoro CITIZEN KANE-QUARTO POTERE. Un pensiero,
quello del regista, che ha fatto scuola ed ispirato il trentasettenne
Benjamin Ross e il suo secondo lungometraggio RKO 281 - LA VERA STORIA
DI "QUARTO POTERE".
A più di mezzo secolo dall'uscita del film che mise in crisi il mondo
patinato di Hollywood, il regista inglese (THE YOUNG POISENER'S HANDBOOK,
1995) riporta sugli schermi il mito di un autore - prodigio raccontando
gli intrighi, gli uomini e il genio che si celavano dietro la pellicola.
Ross rivive gli esordi di un giovane regista destinato ad essere considerato
da molti il padre dell'Olimpo cinematografico e che aveva sconvolto l'America
puritana con la trasmissione radiofonica LA GUERRA DEI MONDI.
La storia di un uomo e del suo spietato talento la cui pellicola avrebbe
cambiato il modo di fare cinema e gettato nel panico la vita del magnate
dell'editoria William Hearst.
RKO 281 non si presenta come un film storico ma un'allegoria sul conflitto
tra l'arte e il commercio, la metafora dell'eroismo di cui, in fondo,
fu capace lo stesso Welles: un uomo che difende l'arte é come la pace
che combatte contro la guerra.
Ross dichiara, con una regia nitida e ben congeniata, la volontà di indagare
la psicologia del personaggio (interpretato da un bravo e giovane Liev
Schreiber) lontano, però, dalla retorica che ne circonda il mito. Un movie
ad Hollywood su Hollywood, una caratterizzazione innovativa per raccontare
una lotta, quella con il denaro, e lo scontro con l'ignoranza di chi ne
fa la propria icona.
Un cast artistico e tecnico che assicura a Ross note di elogio: John Malkovich;
Brenda Blethyn; James Cromwell; Melanie Griffith; i fratelli Scott per
la produzione e la sceneggiatura di John Logan autore del pluripremiato
IL GLADIATORE.
Una sfida sia dal punto di vista tecnico che di reinvenzione narratologica,
un budget dimezzato e scene totalmente riprodotte sotto il cielo plumbeo
di Londra ma che regala a Ross sprazzi di sole dal sapore californiano
e ricostruzione fedele di un'epoca controversa.
Ross porta sullo schermo il racconto di comportamenti mostruosi che trasformarono
in veleno l'idea artistica e che capirono, al contempo, però la grandezza
della libertà dell'arte stessa; non un documentario ma un film nel film,
un movie autonomo e coinvolgente.
Una prova molto gradita per un regista che, cosciente del pericolo e la
sfida, si presenta al pubblico con energia ed una nota innovativa, qualità
rara, ultimamente.
Contro lo snobbismo delle produzioni, per il piacere del racconto.
Voto: 28/30
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