
Il film si apre sulle immagini sgranate
del “Regalo” del ‘86, con il volto abbattuto di Franco (Abatantuono) quando
l’industriale Antonio Santelia (Delle Piane) distribuisce sul tavolo verde
il suo poker di regine. Sedici anni dopo ritroviamo gli stessi personaggi,
che dopo quella sera non si sono mai più incontrati: Franco si è ripreso
alla grande dalla stangata e gestisce una catena di multiplex ma continua a
rimuginare su quella sconfitta, Ugo (Cavina) è sul lastrico ed ha anche guai
con la giustizia mentre Lele (Haber), perso il lavoro al giornale, è
gravemente malato di cancro e tira a campare. Venuto a conoscenza della
malattia di Lele, Franco torna a Bologna per incontrarlo ma la vera
intenzione è quella di riorganizzare una serata di poker con gli stessi
avversari di allora e prendersi la sua rivincita con chi allora gli aveva
“tirato il pacco”. Avati cerca di riproporre la stessa fortunata formula del
primo film stando attento a non cadere nella facile trappola di girare un
remake: allenta la pressione claustrofobica con più scene in esterni nella
prima parte, contamina la narrazione con fugarci incursioni nell’attualità
(i riferimenti all’immigrazione), si compiace di “rimescolare le carte” in
continuazione per spiazzare lo spettatore e così tra doppiogiochisti, biechi
traffichini e macchinazioni varie dopo mezz’ora sembra di essere finiti in
un film di David Mamet. Qui il parallelismo tra il poker e il gioco dei
rapporti umani dominati dall’egoismo è più esplicito e perde in poesia ma il
cinismo di fondo è ancora graffiante e adeguatamente aggiornato ai tempi: se
una volta la sfida stava nelle regole del gioco, si poteva vincere o perdere
ma si manteneva sempre una propria dignità, oggi barare è diventata la
norma, nel poker come nella vita, e il fine (cioè il denaro) sembra
giustificare qualsiasi mezzo. Quello che si perde per strada nelle maglie di
una sceneggiatura ad incastro a tratti farraginosa è l’aria fintamente
ingenua e un po’ naif che caratterizzava la “magica imperfezione” del primo
capitolo e che lo rende ancora gradevole dopo parecchie visioni. In ogni
caso, ottimo il cast di caratteristi che per ridare volto a questo manipolo
di impenitenti “figli di puttana” sfodera il meglio del proprio repertorio.
Voto: 25/30
02.02.2004
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