Rachel Keller (Watts) si trasferisce con suo
figlio Aiden (Dorfman) da Seattle ad una placida cittadina dell’Oregon,
sicura di lasciarsi alle spalle il ricordo del video maledetto che
uccideva dopo una settimana esatta chiunque lo avesse guardato, a meno
che non venisse duplicato a “favore” di un altro ignaro spettatore. Ma
presto si renderà conto che la tragica catena non si è affatto spezzata,
e che la maledizione si sta diffondendo come un morbo.
Come già successo a Takeshi Shimizu ed al suo bel JU-ON (diventato THE
GRUDGE nella versione USA), la trasferta americana non giova affatto a
Nakata, autore in patria dei due spartani ma efficaci RINGU. Ma che
Nakata potesse perdere il confronto persino con Gore Verbinski, autore
del modesto capitolo precedente, non era davvero pensabile. O forse sì,
perché quando si è costretti a girare in continuazione – più o meno – lo
stesso film, la vena creatica finisce inevitabilmente per esaurirsi. E
la stanchezza del talento altrove allucinato di Nakata la si ritrova non
solo in personaggi appena abbozzati e in un plot che non cerca nemmeno
di andare da qualche parte, ma nel fatto che il regista faccia,
disperatamente, ampio ricorso all’impianto visivo di un altro suo film
girato in Giappone, il suggestivo DARK WATER che da noi è apparso solo
via satellite. Il che, ovviamente, non basta. Così, i tempi dilatati ma
carichi di tensione ai quali i maestri del nuovo horror orientale ci
hanno abituato, qui sfociano regolarmente nella noia, e quando invece si
tratta di visualizare l’oggetto della paura, ci si perde in effettacci
digitali innocui e ingombranti in ossequio ad un pubblico di teen-ager
che comunque rimarrà ugualmente deluso.
Eppure la moda di questi remake horror rimane comprensibilissima, perché
gli autori del Sol Levante hanno bisogno di gloria, e gli americani di
qualcuno che faccia ciò che loro non sanno più fare ormai da un paio di
decenni.
Voto: 19/30
25:03:2005 |