
GABRIELE FRANCIONI:
Prima o poi dovremo riconoscere un vero e proprio stile-Muccino nel modo
di girare [ nella fattispecie anche nel senso di "girare" letteralmente
attorno ai suoi personaggi, con una m.d.p. sempre in azione circolare
o, volendo essere crudeli, persino nel senso di ag-girare i problemi -sempre
molti- messi in campo nelle sue pellicole ], che va sempre più
caratterizzandosi come un
occhio "esterno" a casistiche generazionali cui ha partecipato
o parteciperà o che, ovviamente, ha osservato in prima persona
in famiglia nella condizione di figlio e, ora, di marito e padre, occhio,
come dicevamo, che predilige l'idea registica, ma anche contenutistica,
del touch and go, della toccata e fuga che non interrompa il RITMO della
narrazione, ma, allo stesso tempo, che non consente necessarie oasi di
ragionamento sull'appena visto, sulla carne messa al fuoco.
Come dire: il suo "genio" è nel non far sembrare immediatamente
superficiale ciò che forse lo è, perché comunque
si tratta dei massimi sistemi della neo-neo-commedia-drammatica-all'italiana,
ovvero egoismi tenuti insieme dalla esclusiva necessità di far
funzionare la macchina-famiglia, intesa come azienda che non può
sciogliersi, in linea con l'interpretazione di chi lo vuole il nuovo Dino
Risi [ cinismo, consumismo dei sentimenti, varie Italie industriali e,
ora, post-post-industriali ], mentre effettivamente, a guardare e riguardare
i suoi lavori, ci si rende conto di come là i personaggi erano
figure decisamente più stratificate e intrecciate, oltre che tra
loro, anche a problemi e tragedie della nazione italiana che allargavano
lo sguardo sulle miserie di un'epoca ancora non finita e permettevano,
per così dire, di alzare lo sguardo su "questioni più
serie" semplicemente evocate dai caratteri messi in gioco.
Muccino, invece, vorrebbe farci credere che ciò che il suo occhio
veloce registra è effettivamente TUTTA [ e solamente ] l'Italia
in cui viviamo: ma ciò, oltre a non essere vero, non ci convincerebbe
neanche se lui producesse un' auto-ammissione dell'intenzionalità
di limitarsi ai contesti familiari, perché da sempre la commedia
all'italiana è partita da lì per farci ridere e piangere
su tutto ciò che attorno ad essa gira, come succedeva con Risi.
Ora, se consideriamo che l'Italia è visibilmente peggiorata da
quell'epoca e che i nuovissimi mostri sono ancor più "criptati"
di allora, dalla politica alla televisione alla famiglia [ andiamoci a
leggere la cronaca nera e il gruppo mucciniano ci sembrerà un'accolita
di santi: ormai anche le statistiche dicono che, al lavoro/ scuola o dentro
casa, l'orrore dei padri e dei figli prende le forme della pedofilia internettiana
o dello stupro e quelle della violenza autolesionistica, che termina contro
un palo dopo il sabato da scemi del villaggio passato a decostruirsi technologikamente
tra una bolla vuota di visioni ec-statiche, "piste" da ballo
e strisce rosse sull' asfalto. Se questo è moralismo, siamo moralisti
] e, appunto, se ci rendiamo conto di quanto orrendi siano i nostri governanti,
diventati quasi la versione bidimensionale/ digitale di gente quasi simpatica,
come erano i tridimensionali/ analogici Fanfani, Forlani, Longo, La Malfa,
nel senso che adesso sono telematici e sfuggenti e ti distruggono la nazione
raccontandoti il contrario dal tubo catodico, mentre questo tubo ti viene
infilato nel didietro tra uno spot e l'altro, e all'epoca, invece, i fratelli
più grandi di Craxi e Berlusconi erano almeno spudoratamente stanabili
e stanati da giornalisti coraggiosi e reporter d'assalto, e hanno fatto
quasi tutti la fine che si meritavano [ in ritardo, d'accordo, molto in
ritardo ]; INSOMMA, se consideriamo tutto questo, non è possibile
che ad un'Italia peggiore corrisponda un cinema alla fine dei conti conciliatorio
e buonista, dove quello precedente era acido, caustico, graffiante.
Intendiamoci, esistono anche famiglie come quelle qui raccontate, ma sono
la norma!!!
Niente di eccezionale, niente nuovi mostri del Duemila: dove non ci sono
tradimenti tra moglie e marito, incertezze generazionali e adolescenza
piena di sogni?
Il discorso onesto è ammettere che, per un motivo o per l'altro,
è proprio qui che ci si vuole fermare, senza rischiare di raccontare
il vero orrore quotidiano e familiare.
Non che tutti debbano fare i Cantet o i Guediguian, anzi, Muccino, che
sta andando bene in Francia col suo precedente film, ha sicuramente il
"merito" di aver fatto parlare un sacco di gente da due anni
a questa parte: ma che dovesse arrivare lui per aprirci gli occhi su certi
temi è sinceramente ridicolo: cosa c'era di strano nei genitori
e nei figli di COME TE NESSUNO MAI o L'ULTIMO BACIO? Assolutamente nulla!!!
E allora? Mucciniani contro morettiani……trentenni, quarantenni……..
A nostro giudizio tutto si spiega, in parte, con ciò che si è
detto, e cioè che per sensibilità, formazione, oggettiva
conoscenza di quell'unico contesto, Muccino sa raccontare benissimo, come
se fosse il suo personale frenetico e leggero diario, SOLO ed ESCLUSIVAMENTE
ciò che ha visto nelle sue famiglie: non saprebbe o non vorrebbe
mai spingersi oltre, non ne ha [ ancora ? ] le capacità, perché
troppo preso dall'idea che la m.d.p. debba sempre muoversi, quasi fosse
lui stesso, invisibile, che gira nervoso attorno ai parenti mordendosi
le dita, impaziente di passare nell'altra stanza, dove il fratello o la
sorella espongono anima o corpo al suo sguardo voyeuristico, o perché
semplicemente questa è la sola cosa che sa fare.
Potrebbe, credo, produrre altri cinque o sei film come i primi tre, tra
due, quattro sei otto anni, registrando di volta in volta i micro o macro
cambiamenti del suo mini-nucleo.
FUORI, veramente fuori da quelle porte non si esce mai, perché
il regista è un bravo ragazzo che fatica a sporcarsi le mani, anche
se nessuno, sinceramente, glielo chiede.
L'altra grande motivazione perché questo film sia la replica in
particolar modo de L'ULTIMO BACIO, è che gli incassi inaspettati
hanno fatto del regista la classica gallina dalle uova d'oro, animale
raro nel panorama italiano, che appare ogni cinque/sei anni, viene spremuta
ben bene e poi finisce in pentola per il brodo [ Verdone, Pieraccioni,
Aldogiovanniegiacomo e, speriamo non ci uccidano, Benigni ].
Ovvero: in quel breve lasso di tempo, il povero malcapitato, che non è
MAI un genio del cinema, viene costretto a replicare il primo successo,
perché, come sentimmo qualche hanno fa in un convegno pesarese,
"i film di Verdone consentono poi di finanziare altri 5 film minori
che non vedrebbero mai la luce".
Un produttore che ti fa capire che sei libero, "ma", che non
ti pressa, "ma", che insomma puoi andar tranquillo, ma proprio
non puoi sbagliare e devi cercare di piacere veramente a tutti, bastano
a caricarti di assurde responsabilità e automaticamente sclerotizzano
il tuo prodotto, quasi che le sorti del cinema italiano nel suo complesso
dipendano da te.
Ecco il problema!!!!!!!!!!
L'Italia è troppo pigra per costruire una nuova industria del cinema;
il centro sperimentale sforna più incapaci che capaci; si aspetta
il "colpo di culo" dell'anno, lo si cavalca grattando il barile
fino a venti passaggi televisivi, videocassette e dvd, tentativi di assalti
all'oscar anche quando il film è una pena [ PINOCCHIO ] a scapito
di capolavori come L'ORA DI RELIGIONE, e si va avanti così fino
alla prossima gallina.
Se si vogliono far soldi, molto meglio il sistema americano che alleva,
crea e sfrutta non una, ma cento galline; se si cerca l'opera d'arte,
meglio gli indipendenti u.s.a., gli spagnoli anticonvenzionali, i folli
danesi con tutti i limiti che vogliamo e tanti altri.
RICORDATI DI ME è un buon prodotto televisivo [ anche più
rispetto a L'ULTIMO BACIO ], dove non a caso il personaggio della figlia-velina
è diventato immediatamente e penosamente l'unico argomento per
le abbuffate -catodiche- in stile PORTA A PORTA [ che immensa tristezza
Vespa vicino a Bentivoglio… ], tralasciando tutto il resto e innescando
analisi sociologiche di bassissimo livello sui desideri delle figlie degli
italiani.
Muccino è un ragazzo intelligente e pure simpatico, ma gli consigliamo
vivamente, poiché ci sembra già più nervoso di due
anni fa, di nascondersi per un po', salvatoresizzandosi a dovere, e di
mantenersi, ehm…, libero e indipendente da tuto ciò che rischia
di strozzarlo a 36 anni.
Oggi tutti vogliono fare un film con lui, anche talentuose diciottenni
non-veline, come la Sibilla D' Aleramo da giovane del film di Placido
[ da Marzullo: " mi piace Ben Affleck/ vorrei lavorare con Muccino…"
]: ma, ci domandiamo crudelmente oggi, che smania più per lavorare
con Pieraccioni?
VOTO: 24/ 30
LORIS SERAFINO:
Povera la famiglia Ristuccia. Mentre gli adulti Carlo e Giulia si scannano
accusandosi di essersi tarpati le ali a vicenda, gli adolescenti Valentina
e Paolo vivono i loro "anni più belli" tra i primi turbamenti
sentimentali, le canne e i falsi miti propagandati dalla TV spazzatura.
Dopo i trentenni in crisi è l'ora della famiglia medio borghese
in crisi, storia che fa sempre audience specialmente se è sostenuta
da un battage pubblicitario degno di un blockbuster americano. Del resto
di Muccino, che è già un piede a Hollywood, si può
dire tutto tranne che non capisca il "grande" pubblico e le
sue debolezze. La formula vincente è sempre quella de L'ULTIMO
BACIO: ribadire l'ovvio (la famiglia in crisi, eccetera eccetera), galoppare
le crociate che vanno per la maggiore (prendersela con la tivù
e le veline) criticare ma in modo innocuo e alla fine possibilmente fare
la pace con tutti. Ciò nonostante non è impresa facile identificarsi
nei protagonisti ansiogeni ed esagitati di questo caravanserraglio all'italiana
costantemente sopra le righe, stereotipato e rozzamente moralista. Muccino
questa volta dirige in affanno, fatica a stare dietro a tutti i personaggi
e lascia intravedere solo qua e la il suo, peraltro indiscutibile, talento.
Da sottolineare la bella prova di una Monica Bellocci insolitamente misurata
ed espressiva e la comparsata di Pietro Taricone che passa di li giusto
il tempo per essere sbertucciato ("io non durerò solo un anno
come te", gli dice l'aspirante velina).
Voto: 17/30
Sito ufficiale: www.ricordatidime.com
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