
Le sontuose alchimie culinarie che aprono il film, le immagini che scorrono
sotto i titoli di testa e le dissertazioni sul pollo al tartufo nell'ambulatorio
piscanalitico, fanno presentire di trovarsi di fronte ad un film che si
indirizza al cuore passando per la gola. Sulla scia di pellicole come
CHOCOLAT di Lasse Hallstrom sembra che la sceneggiatura di RICETTE D'AMORE
intenda giocare sulla confortante e calda suggestione della "gioielleria"
alimentare non solo per dare originalità a quella che sarebbe stata
altrimenti soltanto una banale storia d'amore, ma anche per veicolare
messaggi di speranza e di senso esistenziale in cui il piacere della gola
e la creatività con cui può essere vissuto diventano simbolo,
accattivante ed onesto, di quel "bene di vivere" che l'uomo
decadente ha dimenticato, spinta verso una riconciliazione con il mondo
e con la vita. Nel film di Hallstrom l'arte della cioccolata pretendeva
di sfondare il muro di ipocrisia di una comunità bigotta e la sua
artefice era favoleggiata come una missionaria redentrice, foriera della
lieta novella della gioia di vivere in un mondo piegato dalla triste grettezza
di un moralismo fuori tempo; in RICETTE D'AMORE, l'arte di convertire
le variopinte creazioni della natura - il basilico, il tartufo, il pomodoro,
le spigole e i quarti di bue - in delizie per il palato finisce per divenire
l'unico binario capace di guidare i percorsi di vita dei personaggi verso
stati di grazia: la cucina italiana di Mario, semplice, colorata e saporita,
riavvicina Lina al nutrimento e Martha all'amore, ma essa stessa, prima
che mero espediente narrativo, è icona di un modo allegro o godereccio
di sentire l'esistenza e di percepirne il gusto, capace di rigenerare
l'entusiasmo e di rinvigorire uno spirito frustrato da vicende avverse
della vita.
RICETTE D'AMORE, certo, non è soltanto questo. In primo piano c'è
una storia d'amore come se ne vedono tante al cinema - e forse ancor di
più in televisione, il che non è certo un complimento -
una donna sola e frustrata in stato di vuoto sentimentale che vive totalmente
proiettata nel suo lavoro, un rapporto difficile con una bambina triste
e intoversa, un principe azzurro che riporta la gioia in casa. Il valore
del focolare, l'immagine solare di un terzetto familiare compatto e giocoso
cementato stabilmente dalla matrice collosa dell'affetto è la chiave
che dirime l'ingarbugliato avviluppo emotivo in cui versa Martha e, di
riflesso, anche la bambina. Quando Martha si apre al penentrante ottimismo
di Mario e alla seduzione del suo carico sentimentale, l'architettura
sconnessa della sua vita si ricompone d'un tratto in unità, e la
nebulosa reticenza con cui la donna vive l'affetto per Lina viene diradata
da un chiaro e coraggioso impulso a riprendere definitivamente la bambina
con sé.
Il personaggio di Mario, un Castellito sempre in gran forma, incarna lo
stereotipo più classico dell'italiano, esibendo i caratteri propri
della sua "tipizzazione etnica" in modo esasperato: un omaccione
bruno ed espressivo che canta Modugno, và bighellonando tanto al
lavoro quanto fuori, impara a cucinare dalla nonna (o dalla mamma, è
lo stesso), si prende gioco della vita prima che ella si prenda gioco
di lui, e, secondo il luogo comune più favorevole alla cultura
mediterranea, riempie i vuoti del cuore col suo carisma d'amatore. La
Nettelbeck passa in rassegna i clichés sul Bel Paese con un atteggiamento
di evidente benevolenza se non devozione, dipingendo l'Italia come il
paradiso del sole, del vino e della gioia di vivere; cosicchè la
scelta di un italiano come personaggio "positivo" della storia,
malgrado l'esagerazione dei suoi tratti al limite del caricaturale, diventa
sintomo di una predilezione culturale nei confronti del nostro paese e
questo, certo, predispone ad accogliere il film con favore. Del resto
la narrazione viaggia per gran parte della pellicola senza intoppi salvo
poi sperdersi nel finale, dove ancor più che la banalità
dell'esito deprime ahimè il livello del film una serie di sequenze
sciatte e sbrigative da fiction televisiva [prima fra tutte quando Martha
e Mario arrivano a casa della nuova famiglia di Lina e vengono accolti
dai padroni di casa con patetici sorrisetti e strette di mano, tanto per
confortare lo spettatore turbato dalla incongruenza della risoluzione:
il gesto di portare via una bambina ad un padre che ha appena scoperto
di averla, in uno sviluppo dei fatti più verosimile e coerente
sarebbe risultata una soluzione assai problematica sul piano etico, oltre
che legale].
Voto: 24/30
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