revolutionary road

di Sam Mendes

con Kate Winslet, Leonardo DiCaprio

Altri interpreti: Kathy Bates, David Harbour

di Luciana APICELLA

 

27/30

 

Può sembrare un collegamento alquanto inconsueto, ma la prima frase che mi è passata nella mente uscita dalla visione del film di Mendes è stato un verso di Leopardi: "all'apparir del vero/ tu, misera, cadesti" (A Silvia). Metaforicamente potrebbe benissimo diventare commento, secco e definitivo, alla vicenda narrata nella pellicola. Che, come già anticipato, è tratta da un romanzo di Richard Yates, e narra la storia, ambientata nell'America perbenista degli anni Cinquanta, di una coppia di coniugi, belli, idealisti, anticonformisti, "speciali", il cui lento disfacimento è causato proprio da quella incolmabile (impercettibile, all'esterno) distanza tra l'apparire e l'essere appieno quella rappresentazione-di-sè che al mondo si è offerta. Frank (Leonardo Di Caprio) e April (Kate Winslet) Wheeler vivono (appaiono vivere) armoniosamente. "Temporaneamente" costretti in una casetta con giardino che più conformista non si può. Lui invischiato in un lavoro-di-passaggio ricevuto in eredità dal padre e in una squallida liason con collega. Lei frustrata nel suo ruolo di madre e moglie, cui tenta di sfuggire ma a prezzo di sprecare il proprio talento di attrice teatrale in una compagnia rozzamente priva di senso estetico.
Entrambi sono profondamente persuasi di essere ancora in attesa di iniziare a vivere, chè tutto quello scenario di cartapesta che li circonda e li sta momentaneamente nascondendo sarà presto spazzato via dal vento della loro personalissima rivoluzione. April azzarda: trasferirsi a Parigi, dove "si vive davvero", affinchè Frank possa avere tempo per pensare alle proprie reali aspirazioni, dopo averle per necessità abbandonate alla nascita dei figli. Frank tentenna, poi si convince. Ma il "vero", la vita che non si sa maneggiare, è in agguato: una promozione inaspettata per Frank, una gravidanza indesiderata per April. Ostacoli che all'uomo paiono suggerire, non si sa quanto per meschinità e paura, quanto per presa reale di coscienza, il disvelamento di un'illusione. Parigi non è un progetto ma una fuga (è il commento comune tra gli ordinari conoscenti e amici della coppia, che ne ammirano la diversità compatendola allo stesso tempo come infantile e inguaribile idealismo). Parigi potrebbe essere il primo atto di una coazione a ripetere l'eterno errore di rinnovare la propria recita di coppia speciale, solo di fronte ad un pubblico nuovo e vergine. Parigi è l'ultimo tentativo di aggredire col defibrillatore un amore finito (come intuisce, unico, il figlio mentalmente disturbato di un'invadente vicina di casa). Per Frank la rinuncia al trasferimento è il sospiro di sollievo (per la paura di mettersi in gioco, per la comodità di restare a recitare la propria parte di essere speciale solo in potenza). Per April è la devastante ammissione di una sconfitta. L'aborto di un sogno di vita diversa. Il drammatico finale stringe i personaggi in una morsa soffocante, e mentre la loro disgregazione prosegue, diventa per i benpensanti alibi ad una vita senza giuzzi ma tanto più sicura nei propri binari di ordinarietà.
Mendes è bravissimo nel proporre una messa in scena che in ogni gesto, in ogni apparenza di ordine e controllo trasmette la costante scossa di un terremoto, devastante, in agguato. Bravissimi gli attori, lode alla Winslet mentre Di Caprio paga il pegno dell'eterno volto da ragazzino che a tratti lo rende poco credibile. Pare che Mendes (non posso esserne garante non avendolo letto) abbia rispettato fino alla maniacalità il testo di Yates. La letterarietà in effetti è componente molto forte, nei dialoghi, nella struttura narrativa compatta, nella costruzione da tragedia borghese. Un film che a tratti può apparire freddo, ma che cova nelle ceneri apparenti il fuoco devastante di un dramma silenzioso e atroce.
 

05:02:2009

revolutionary road
Regia Sam Mendes
Stati Uniti 2009, 119'
DUI: 30 gennaio 2009
Universal Pictures

Drammatico