LA REGINA DEGLI SCACCHI
di Claudio Florio
con Barbara Bobulova e Tony Bertorelli



Maria Adele (Barbara Bobulova) ha 17 anni e gioca a scacchi con sorprendente abilità. Vive ad Ancona con il padre e ha perso la madre da pochi mesi in un incidente. Un giorno, rovistando in un baule di famiglia, trova una lettera indirizzata a sua madre, nella quale il padre si dice disposto ad adottare un bambino. Il dubbio di essere stata adottata si insinua in lei e la tormenta finché non scopre la verità: la madre naturale l'ha data in affidamento quando aveva tre anni, dopo aver ucciso suo marito, vero padre di Maria Adele. Ad aiutarla in un momento così drammatico sarà il suo amico Emilio (Ettore Bassi), un giornalista che sta conducendo un'inchiesta su un losco giro di pedofilia in cui è coinvolto Sterlizia (Tony Bertorelli), l'anziano maestro di scacchi di Adele. Grazie all'appoggio di Emilio, la giovane supererà lo choc e sarà in grado di ricominciare da capo.
"Questa è una storia vera - ha raccontato la regista durante la conferenza stampa - che mi è stata narrata da una persona. Per mantenere l'anonimato della fonte ho variato l'ambientazione, ho scelto Ancona, la mia città. Ho modificato anche lo sport praticato dalla protagonista, optando per gli scacchi, perché è un gioco affascinante. È una sfida tra intelligenze e richiede una grande concentrazione; era lo sport ideale per offrire un rifugio alle angosce del personaggio. E infatti la nostra protagonista convoglierà tutte le sue energie nelle sfide, e rimarrà invincibile proprio fino a quando un calo di concentrazione causerà la sua sconfitta sul tavolo di gioco, ma, allo stesso tempo, la sua vittoria nella vita. Si renderà conto che l'unico modo per sconfiggere i suoi mali è affrontarli, e da lì al lieto fine il passo è breve". L'aspetto più interessante del film consiste proprio in questo semplice ma significativo simbolismo tra gli scacchi ed i turbamenti psicologici dell'adolescente, sospesa sempre tra la lucida logica del gioco e l'irrazionalità incontrollabile degli incubi e di un passato sconosciuto. "Per vincere devi tentare di prevedere le mosse dell'avversario!" dice Maria Adele ad Emilio, ottimo rifugio e metodo per applicare delle intuizioni che altrimenti non troverebbero appiglio nella realtà più concreta. Ma la ragazza comincia a percepire che le persone che ruotano intorno alla sua vita hanno degli aspetti nascosti e duplici (Emilio non è un giornalista sportivo bensì di cronaca, Sterlizia è un pedofilo, suo padre è forse uno sconosciuto) ed è proprio in quel momento che deve fare delle scelte, una delle quali è anche quella di perdere una qualità che forse l'avrebbe resa una campionessa per guadagnare un più sereno rapporto con gli altri e soprattutto con sé stessa. Quello che sicuramente funziona nella sceneggiatura, però, non si traduce sullo schermo con altrettanto interesse. Il film vorrebbe avere un sapore di thriller, ma la tensione è blanda e la carica visionaria che, di solito, appartiene allo specifico genere cinematografico è totalmente assente. Banali e prevedibili risultano anche alcune sequenze (dal sogno ricorrente di Maria Adele agli scorci di una città a volte troppo nebbiosa), per non parlare del modo in cui viene risolto il mistero. Dal punto di vista registico la scena in cui la ragazza rivive i delittuosi accaduti familiari è talmente infantile che nomi come Hitchcock o Argento sorvolano le menti degli spettatori per poi subito dileguarsi, mentre la scelta di chiudere il film con la formula 'trauma rimosso-lieto fine' odora troppo di televisione, di fiction da prima serata. Durante la conferenza stampa molti si interrogavano (e giustamente anche) sui ritardi delle miopi distribuzioni italiane che ritardano, o addirittura annullano, le uscite di molti film; nessuno si chiedeva però dove fosse finita quella cattiveria, quella sincerità, che i thriller italiani hanno saputo trasmettere durante gli anni '70.

Voto: 17/30

Paolo FAZZINI
13 - 06 - 02


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