
Maria Adele (Barbara Bobulova) ha 17 anni e gioca a scacchi con sorprendente
abilità. Vive ad Ancona con il padre e ha perso la madre da pochi
mesi in un incidente. Un giorno, rovistando in un baule di famiglia, trova
una lettera indirizzata a sua madre, nella quale il padre si dice disposto
ad adottare un bambino. Il dubbio di essere stata adottata si insinua
in lei e la tormenta finché non scopre la verità: la madre
naturale l'ha data in affidamento quando aveva tre anni, dopo aver ucciso
suo marito, vero padre di Maria Adele. Ad aiutarla in un momento così
drammatico sarà il suo amico Emilio (Ettore Bassi), un giornalista
che sta conducendo un'inchiesta su un losco giro di pedofilia in cui è
coinvolto Sterlizia (Tony Bertorelli), l'anziano maestro di scacchi di
Adele. Grazie all'appoggio di Emilio, la giovane supererà lo choc
e sarà in grado di ricominciare da capo.
"Questa è una storia vera - ha raccontato la regista durante
la conferenza stampa - che mi è stata narrata da una persona. Per
mantenere l'anonimato della fonte ho variato l'ambientazione, ho scelto
Ancona, la mia città. Ho modificato anche lo sport praticato dalla
protagonista, optando per gli scacchi, perché è un gioco
affascinante. È una sfida tra intelligenze e richiede una grande
concentrazione; era lo sport ideale per offrire un rifugio alle angosce
del personaggio. E infatti la nostra protagonista convoglierà tutte
le sue energie nelle sfide, e rimarrà invincibile proprio fino
a quando un calo di concentrazione causerà la sua sconfitta sul
tavolo di gioco, ma, allo stesso tempo, la sua vittoria nella vita. Si
renderà conto che l'unico modo per sconfiggere i suoi mali è
affrontarli, e da lì al lieto fine il passo è breve".
L'aspetto più interessante del film consiste proprio in questo
semplice ma significativo simbolismo tra gli scacchi ed i turbamenti psicologici
dell'adolescente, sospesa sempre tra la lucida logica del gioco e l'irrazionalità
incontrollabile degli incubi e di un passato sconosciuto. "Per vincere
devi tentare di prevedere le mosse dell'avversario!" dice Maria Adele
ad Emilio, ottimo rifugio e metodo per applicare delle intuizioni che
altrimenti non troverebbero appiglio nella realtà più concreta.
Ma la ragazza comincia a percepire che le persone che ruotano intorno
alla sua vita hanno degli aspetti nascosti e duplici (Emilio non è
un giornalista sportivo bensì di cronaca, Sterlizia è un
pedofilo, suo padre è forse uno sconosciuto) ed è proprio
in quel momento che deve fare delle scelte, una delle quali è anche
quella di perdere una qualità che forse l'avrebbe resa una campionessa
per guadagnare un più sereno rapporto con gli altri e soprattutto
con sé stessa. Quello che sicuramente funziona nella sceneggiatura,
però, non si traduce sullo schermo con altrettanto interesse. Il
film vorrebbe avere un sapore di thriller, ma la tensione è blanda
e la carica visionaria che, di solito, appartiene allo specifico genere
cinematografico è totalmente assente. Banali e prevedibili risultano
anche alcune sequenze (dal sogno ricorrente di Maria Adele agli scorci
di una città a volte troppo nebbiosa), per non parlare del modo
in cui viene risolto il mistero. Dal punto di vista registico la scena
in cui la ragazza rivive i delittuosi accaduti familiari è talmente
infantile che nomi come Hitchcock o Argento sorvolano le menti degli spettatori
per poi subito dileguarsi, mentre la scelta di chiudere il film con la
formula 'trauma rimosso-lieto fine' odora troppo di televisione, di fiction
da prima serata. Durante la conferenza stampa molti si interrogavano (e
giustamente anche) sui ritardi delle miopi distribuzioni italiane che
ritardano, o addirittura annullano, le uscite di molti film; nessuno si
chiedeva però dove fosse finita quella cattiveria, quella sincerità,
che i thriller italiani hanno saputo trasmettere durante gli anni '70.
Voto: 17/30
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