
Chi scrive non conosce le Vampire Chronicles di Anne Rice, cui
si deve l'ispirazione di questo LA REGINA DEI DANNATI (a sua volta sequel
di INTERVISTA COL VAMPIRO di Neil Jordan), per cui un'analisi d'obbligo
tra la fonte e il risultato filmico non avrebbe molto valore. Lasciamo
ad altri, dunque, per quanto - almeno alla luce di una robusta tradizione
cinematografica - ci sentiamo di affermare che del film di Michael Rymer
non rimarrà a lungo traccia, nonostante i molti estimatori della
succitata saga letteraria. Quella del vampiro è infatti una figura
classica per cui, più che altrove, nel tornare a sfruttarla sarebbe
d'obbligo un pesante ricorso all'originalità o quanto meno un deciso
rifiuto dello stereotipo. Il DRACULA di Coppola (1992), in questo senso,
fu una svolta, a differenze del pur breve passo indietro rappresentato
dal film di Jordan.
Lo spunto di partenza è il seguente: Lestat, il signore delle tenebre
(Tom Cruise nel film del 94), decide di farsi conoscere e comunicare con
i suoi simili utilizzando la forma contemporanea più popolare,
la musica rock. Diviene una sorta di Jim Morrison dell'oltretomba, popolarissimo
e amato, in totale antitesi con il suo destino di immortalità e
isolamento. Una trovata, questa, cui aveva già fatto ricorso perfino
Adriano Celentano con la sua regia più visionaria: JOAN LUI, E
UN GIORNO NEL PAESE ARRIVO IO DI LUNEDI'. Anche lì Celentano -
nell'antitetica parte di Gesù tornato sulla terra - sceglieva la
musica per riprendere la diffusione del proprio messaggio. Se è
vero che quel film non può dirsi certo troppo riuscito, non gli
si può tuttavia negare una coerenza narrativa quasi del tutto assente
invece ne LA REGINA DEI DANNATI. Condannato per aver scelto la celebrità
infrangendo le regole di una vita solitaria e lontana dalla luce, Lestat
riesce a far innamorare della propria musica nientemeno che la madre di
tutti i vampiri: la regina dei dannati. Tutto (dal concerto nella Valle
della Morte all'incontro con Akasha) accade però un po' per caso,
quasi si trattasse di una serie di brevi episodi (e personaggi) giustapposti
piuttosto che realmente legati. Stuart Townsend è, per trucco e
movenze, pressoché identico a IL CORVO (e la presenza nel cast
di Vincent Perez, inteprete del sequel, ne è involontaria testimonianza);
le scenografie goticheggianti sono di maniera e la presenza di Aaliyah
ha, più che altro, un valore extra-filmico, per quanto sia forse
l'unica a non essere del tutto fuori parte. E' piuttosto ovvio, infatti,
che in casi come questo l'attenzione nei confronti del film (e la possibilità,
a dire il vero piuttosto concreta, che diventi un cult) si debba - come
accaduto proprio per IL CORVO e Brandon Lee - soprattutto alla scomparsa
della protagonista a riprese quasi concluse.
Aaliyah, molto apprezzata l'anno passata nel kung-fu movie ROMEO DEVE
MORIRE, e giovanissima realtà dell'R&B (è stata anche
la moglie di R.Kelly) è morta in un incidente aereo l'anno scorso.
Tra i suoi impegni futuri c'era anche un piccolo ruolo in MATRIX RELOADED,
destinato ad espandersi notevolmente nell'episodio successivo. Peccato
cha la sua bellezza debba essere tramandata nelle vesti, un po' ridicole,
della regina dei dannati.
Voto: 22/30
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