
Ferro 3
La casa vuota, è un film delicato, sottile, sussurrato, opera del
regista coreano Kim Ki-Duk presentato a Venezia con grande apprezzamento di
pubblico e critica, vincendo il
Premio speciale per la giuria 2004.
Un giovane sfreccia con la sua nuova moto per vecchi e nuovi quartieri
cittadini in cerca di una dimora libera ove poter trascorrere
indisturbatamente la notte, come se fosse a casa propria. I riti con cui si
appropria delle abitazioni altrui, sono scanditi con precisione e
metodicità: si lava, cucina, aggiusta oggetti, e con una fotocamera digitale
immortala sé stesso in compagnia di immagini raffiguranti i padroni di casa,
come fossero persone appartenenti alla sua vita, forse, divenute tali dopo
la permanenza “fantasma”…!
Nel suo peregrinare egli incontra una fanciulla nascosta tra le mura
domestiche di una lussuosa villa, dal cui volto emergono i segni di una
colluttazione. I due giovani si scoprono lentamente, con grazia, si
scrutano, e senza parole superflue entrano empaticamente in sintonia,
sguardi e gesti trasmettono il sentire. Lui percependo i traumi sentimentali
da lei subiti, se ne prende cura, cucinandole cibi caldi e preparandole
abiti puliti e colorati; ma soprattutto portandola via con sé, gesto che gli
costerà caro… .
Lui non rifugge dalla sua spasmodica ricerca di libertà e con lei prosegue
il cammino attraverso case e vite altrui, deducendo gli aspetti più intimi
dei proprietari, risultato un vestire più vite e conoscenze, come l’attore
che si cala “nei panni” dei suoi personaggi, scoprendo emozioni nuove,
esistenze “altre” da sé.
Il film svela molte peculiarità del mondo orientale relativamente alla loro
ricerca spirituale, e ad un proprio karma interiore. Lo si percepisce sempre
di più con l’avanzare della pellicola, quando il giovane viene ingiustamente
incarcerato in quanto colpevolizzato di reati non commessi, come il
rapimento della ragazza… .
Primissimi piani incastonano i visi tondi dai profondi occhi a mandorla che
svelano tutto il loro sentire: gioie e dolori.
La delicatezza ripercorre tutto il film parimenti a quella delle porcellane
in cui si consuma il rito del the. Lo “straniamento”, tanto caro alla
letteratura europea a cavallo tra otto e novecento, pare emergere fortemente
da questo racconto per immagini, quale unica fonte di salvezza in una realtà
annientante il sogno!
Kim Ki-duk è alla continua ricerca di Amore, Sogno, Fantasia, Tradizione e
Bellezza, quale ricerca di perfezione.
Voto 30/30
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