da 61ma mostra del cinema di venezia

FERRO 3

LA CASA VUOTA
di Kim Ki-Duk
Con: Hee Jae, Seoung-yeon Lee

 di Lucia LOMBARDI

 

Ferro 3 La casa vuota, è un film delicato, sottile, sussurrato, opera del regista coreano Kim Ki-Duk presentato a Venezia con grande apprezzamento di pubblico e critica, vincendo il Premio speciale per la giuria 2004.
Un giovane sfreccia con la sua nuova moto per vecchi e nuovi quartieri cittadini in cerca di una dimora libera ove poter trascorrere indisturbatamente la notte, come se fosse a casa propria. I riti con cui si appropria delle abitazioni altrui, sono scanditi con precisione e metodicità: si lava, cucina, aggiusta oggetti, e con una fotocamera digitale immortala sé stesso in compagnia di immagini raffiguranti i padroni di casa, come fossero persone appartenenti alla sua vita, forse, divenute tali dopo la permanenza “fantasma”…!
Nel suo peregrinare egli incontra una fanciulla nascosta tra le mura domestiche di una lussuosa villa, dal cui volto emergono i segni di una colluttazione. I due giovani si scoprono lentamente, con grazia, si scrutano, e senza parole superflue entrano empaticamente in sintonia, sguardi e gesti trasmettono il sentire. Lui percependo i traumi sentimentali da lei subiti, se ne prende cura, cucinandole cibi caldi e preparandole abiti puliti e colorati; ma soprattutto portandola via con sé, gesto che gli costerà caro… .
Lui non rifugge dalla sua spasmodica ricerca di libertà e con lei prosegue il cammino attraverso case e vite altrui, deducendo gli aspetti più intimi dei proprietari, risultato un vestire più vite e conoscenze, come l’attore che si cala “nei panni” dei suoi personaggi, scoprendo emozioni nuove, esistenze “altre” da sé.
Il film svela molte peculiarità del mondo orientale relativamente alla loro ricerca spirituale, e ad un proprio karma interiore. Lo si percepisce sempre di più con l’avanzare della pellicola, quando il giovane viene ingiustamente incarcerato in quanto colpevolizzato di reati non commessi, come il rapimento della ragazza… .
Primissimi piani incastonano i visi tondi dai profondi occhi a mandorla che svelano tutto il loro sentire: gioie e dolori.
La delicatezza ripercorre tutto il film parimenti a quella delle porcellane in cui si consuma il rito del the. Lo “straniamento”, tanto caro alla letteratura europea a cavallo tra otto e novecento, pare emergere fortemente da questo racconto per immagini, quale unica fonte di salvezza in una realtà annientante il sogno!

Kim Ki-duk è alla continua ricerca di Amore, Sogno, Fantasia, Tradizione e Bellezza, quale ricerca di perfezione.
 

Voto 30/30

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