rec

di Paco Plaza, Jaume Balaguerò

con Manuela Velasco, Pablo Rosso

di Gabriele Francioni

 

28/30

 

L’immagine “pura” di Paco Plaza e Balaguerò

 

Un bel pugno viscerale assestato allo stomaco dà inizio alla Mostra veneziana, prima sorpresa inaspettata, primo punto a favore di una selezione che ne riserverà molte altre.

Balaguerò si risveglia improvvisamente dall’incubo estetico di FRAGILE e PARA ENTRAR A VIVIR, il primo sofferente di eccesso di produzione, scegliendo l’opzione dell’antitetica e agile scorciatoia simil-digitalizzante, che non direbbe nulla di nuovo, se lo spagnolo non avesse al fianco il più fresco Paco Plaza (SECOND NAME).

In totale e continua soggettiva, quella del cameraman Pablo, si entra in un polanskiano condominio madrileno insieme al carico di cinismo voyeuristico e audience-inducted che accompagna un live-show situazionista a puntate, di cui viene mostrato il segmento pompieristico. Assistiamo, in pratica, a un piano sequenza che sarebbe infinito, se non intervenissero le interruzioni coatte agite sul povero Pablo (un vero eroe capace di fare mille cose in una volta, incluso soccombere sul lavoro senza neanche la soddisfazione di un primo piano) da un’umanità variamente inferocita e infetta.

Niente di nuovo neanche qui - si pensi a KIKA e a decine di altre pellicole sulla mostruosità degenerativa del mezzo televisivo - e ancor meno nell’utilizzo del  ricorrente topos narrativo dell’assedio (sia interno che esterno) o della quarantena: da Romero a Friedkin (BUG) gli ammiccamenti si sprecano e si sommano al dichiarato intento di dar vita al remake urbano e non ellittico di BLAIR WITCH PROJECT.

Eppure, dal momento dell’apparizione della vecchia pre-zombie grondante sangue (la m.d.p. in movimento serve qui le necessità di una fantasmaticità rabbrividente, chiaroscurale e incerta) il film acquista una sua inarrestabile potenza, totalemente absoluta dal fardello citazionistico.

è come se tutte le sequenze ambientate al piano alto, e poi nel seminterrato, contenessero una spaventosa forza visiva che cortocircuita iperrealismo e visionarietà, quasi che il non-detto di B.W.P. trovasse qui, imprevedibilmente, una plausibile mise en scène.

L’escamotage dell’effetto notte imposto alla videocamera produce immagini tra il fetale e il terminale che battono di molto - e ci costa non poco ammetterlo - l’immaginario di svariato cinema nipponico nakatacentrico, bambine capellute in primis.

L’attimo in cui Jennifer sembra materializzarsi nel finale dietro la petulante conduttrice  tv,  è profondamente disturbante, al pari dello svelamento agghiacciante di un’indecifrabile  “cosa”/corpo-di-vecchia, responsabile della indicibile chiosa posta in calce a una vicenda di per sé non originalissima.

Hanno ammazzato Pablo, è vero, ma non c’importa più di tanto: lasciamo ad altri le osservazioni su coerenza e plausibilità narrative tradite, noi ci teniamo la vecchia grassa, la “cosa magra” e lo scivolamento nel nulla dell’anchorwoman petulante.

 

29:08:2007

 

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rec
Regia: Paco Plaza, Jaume Balaguerò
Spagna 2007, 85'
DUI: 29 febbraio 2008
Genere: Thriller