RAT RACE
di Jerry Zucker
con Rowan Atkinson e Whoopi Goldberg


A volte c'è bisogno di una certa comicità irriverente applicata a film sgangherati ma gradevoli, seppur appesantiti da finali ultracorretti, come dire TUTTI PAZZI PER MARY eletto a esempio da cui partire, per poi prendere strade più soft.
RAT RACE mette in scena l'improbabilissima scommessa di un gruppo di miliardari annoiati, che organizzano una sorta di caccia al tesoro demenziale per i clienti di un albergo, impegnati a raggiungere una cassetta di sicurezza con l'assegno di un milione di dollari nel minor tempo possibile.
Rowan Mr.Bean Atkinson fa da collante alle peripezie del gruppo di persone che accettano la gara, entrando in diversi momenti topici del film, col tratto sospeso e sognante tipico delle sue gag, abile nel saper compensare la novità dell'uso della parola con una mimica e una gestualità ridotte, ma non completamente assenti: in poche parole, una presenza equilibrata e indispensabile.
Alcune zone del film sono segnate da lentezze nel ritmo per così dire narrativo, forse anche a causa di un doppiaggio infelice, che, oltre a storpiare termini apprezzabili solo nella lingua originale, ci sottrae le voci degli attori, spesso rese in modo abbastanza piatto nella versione italiana.
In altri momenti, invece, quella scorrettezza controllata cui accennavamo, riesce a produrre oasi quasi farrelliane, come nella gag del cuore in viaggio per un trapianto urgente, finito nella bocca di un cane e poi "riattivato" dalla scarica di una rete di recinzione elettrificata [!?!], mentre divertono anche le corse alla velocità della luce della Goldberg infilata in un razzo che la rincretinisce fino a farla scambiare per una ritardata accolta in una comitiva del centro di recupero locale.
Il finale è veramente debole, dolciastro e inatteso come consiglia il peggior decalogo degli studios, quasi che, sfruttato a fondo il cliché dei film neo-demenziali [si vedano i titoli già citati], si volesse fare marcia indietro nel caso qualche spettatore si fosse, nel frattempo, scandalizzato per gli eccessi[?].
Tipico difetto, questo, del cinema commerciale che tutto vampirizza, compresa una creatività programmaticamente agli antipodi da esso, ma che, se porta nuovi spettatori al botteghino, va comunque sfruttata e resa esangue, dopo provvidenziali passaggi in varechina, che la fanno rientrare dalla porta di servizio nel salotto a tinte pastello abitato dal pubblico "medio" intento a divertirsi senza il problema di dover per forza attivare il cervello.


Voto: 24/30

Gabriele FRANCIONI
18 - 01 - 02


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