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QUANDO LA NOTTE di Cristina Comencini con Claudia Pandolfi, Filippo Timi e con Michela Cescon, Thomas Trabacchi |
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N.C.
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Tradisce ogni aspettativa il film della Comencini, Quando la notte, tratto dall'omonimo romanzo della regista e tra i pochi italiani in concorso alla Mostra. Arido e difettoso, senza una solida struttura, il film pretende, sin dai primi fotogrammi, di raccontare un'atmosfera - la stessa che dà forza invece ai toni del libro - e di significare un incontro, quello tra due solitudini, tra due insondabili silenzi. Ci prova ma non ci riesce, risultando alla fine un completo e irrecuperabile fallimento. Un uomo e una donna s'incontrano in una desolata e fredda baita montana. Lui, Manfred (Filippo Timi), cupo e scostante, custode di quella casa, è una guida alpina. Lei, Marina (Claudia Pandolfi), una giovane madre in vacanza con il suo bambino. Una notte, qualcosa di tragico sconvolgerà gli instabili equilibri della donna e un drammatico incidente rivelerà un'indicibile verità. La portata di quel segreto, fardello inconfessabile, intuito da un Manfred altrettanto misterioso, unirà i due in maniera viscerale, creando un inconscio e travolgente legame che non riusciranno a controllare né a vivere, tra rabbia e desiderio. La storia, che denuncia chiari richiami al genere thriller, in realtà viene totalmente stravolta e snaturata dall'incapacità di trasporla e oggettivarla. L'impostazione teorica del film, come i suoi propositi, vengono definitivamente disattesi da una messa in scena completamente fiacca, esangue ed essenzialmente priva di direzione e forza. Non c'è narrazione, non c'è emozione. Anche le scene più tragiche del film vengono accolte, in sala, con sonore risate e qualche fischio. E qualcosa che non va evidentemente c'è. La Comencini si difende appellandosi all'incapacità da parte di molti, e degli uomini in particolare, di comprendere i delicati risvolti della maternità, che dovrebbe essere il tema portante della pellicola. In realtà, questo, quasi non s'intravede neanche. Il film ci obbliga a sopportare oltre che il vuoto narrativo anche e soprattutto la debolezza dell'idea di base e di un messaggio quasi completamente evanescente. Gli stessi attori, l'eccezionale Timi – a Venezia quest'anno con quattro film – e la Pandolfi, sembrano peggiorare, costretti ad una melodrammatica interpretazione che non rende loro affatto giustizia. I picchi emotivi del romanzo si dissolvono completamente sullo schermo, lasciando spazio ad una bizzarra incredulità, e quella che avrebbe dovuto essere una storia drammatica finisce col diventare, passando attraverso uno scontato melò, una inaspettata e amara commedia.
09:09:2011 |
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