Un
professionista dello spaccio di droga (Craig) è intenzionato a lasciare il
giro. Durante quello che doveva essere il suo ultimo giorno di lavoro, però,
il pusher viene contattato da un boss della malavita per risolvere un paio
di problemi: ritrovare la figlia tossicodipendente di un potente criminale (Gambon)
e fare da intermediario per una ricca partita di ecstasy. Le cose,
ovviamente, saranno più complicate di quanto poteva sembrare, e il giorno
della pensione risulterà un miraggio.
L’inglese Vaughn, fedele produttore di Guy Ritchie, dopo la rinuncia di
quest’ultimo alla trasposizione del romanzo di successo “Layer Cake” di J.J.
Conelly (qui sceneggiatore) ha deciso incautamente di prendere in mano la
situazione ed impossessarsi della macchina da presa. Ma nonostante i suoi
sforzi siano ben evidenti, Vaughn non riesce a trovare un suo stile,
oscillando così fra due modelli antitetici: lo sberleffo pulp in versione
inglese tipico appunto di Ritchie e il racconto ipercinetico ed eccitato dei
gangster-movie di Scorsese. Il problema è che i due estremi vengono lambiti
molto di rado, ed il film trova il suo terreno d’elezione in una zona grigia
fatta di noia, banalità e mancanza d’ispirazione.
Vaughn rappresenta violenza e squallore della malavita senza però essere
capace di una poetica della violenza e dello squallore, di conseguenza il
film risulta solo violento e squallido. Connelly, che pure in patria ha
spopolato in veste di romanziere, dal canto suo mette in bocca ai personaggi
(e alla invadente voce off) ovvietà deprimenti facendole passare per perle
di saggezza, e si perde dietro un intreccio pieno di inutili colpi di scena.
Voto: 17/30
10:06:2005 |