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Andrea
DE CANDIDO |
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Ruby,
adolescente inquieta ed ostile, e Rhett, bambino introverso e chiuso nel
suo mondo di giochi, devono affrontare insieme, senza essersi mai veramente
conosciuti, senza essere capaci di condividere e lenire il dolore, la
morte tragica dei genitori. L’evento traumatico, oltre a lasciarli in
una penosa condizione psicologica di smarrimento e rifiuto della realtà,
li costringerà a cambiare vita ed a trasferirsi a Malibu nella casa di
vetro ed acciaio dei loro tutori: i Glass. Una soluzione apparentemente
perfetta rivelerà, in breve, risvolti sconcertanti filati di moventi misteriosi,
cupi scenari di apprensione e turbamento, lucidi percorsi di follia e
morte, finché la villa a picco sull’oceano, incuneata tra cielo e mare,
si trasformerà in una prigione di cristallo. Il regista Daniel Sackheim,
al suo esordio sul grande schermo, tenta la strada del giallo psicologico
proponendosi il risultato di una storia "narrata più per sottrazione che
per accumulazione" ma non riesce ad oltrepassare il limite di un prodotto
fragile e poco intrigante, qualitativamente più vicino ad uno dei film
tv da lui già diretti per le serie X-FILES o NYPD che ad un’opera che
pretende di essere percepita come un labirinto della mente in cui nulla
è davvero ciò che appare. I tanti elementi in cui la vicenda potrebbe
essere scomposta, analizzata e ricostruita in modo da dare compiutezza
alla narrazione vengono solo accennati in questo film che non ha nulla
della dimensione introspettiva e problematica necessaria a dare solidità
e fondamento ad una vicenda in cui la psicologia dei personaggi gioca
un ruolo meno rilevante della villa in cui la storia è ambientata. Così
nulla si dice del difficile passaggio della protagonista, una Leelee Sobieski
volutamente scostante, da una vita di futilità giovanili alla presa di
coscienza desolata della condizione di orfana, dei rapporti conflittuali
coi genitori riscoperti affettuosi e protettivi dopo la perdita e solo
in sporadiche rivelazioni oniriche, del legame col fratellino, estraneo
sotto lo stesso tetto prima, complice senza reticenze né giustificazioni
logiche nel momento della vendetta, o ancora dei sospetti che guidano
la ricostruzione degli eventi che, grano dopo grano, da supposizioni incredibili
si condenseranno in ipotesi sempre più atrocemente verosimili e fondate.
Il regista, del resto, cerca di mischiare un po’ le carte e mantenere
alta la tensione quando, alla perfezione della coppia dei vecchi amici
di famiglia investiti della tutela (con annessa gestione dei fondi di
una cospicua eredità), una Diane Lane appassita e caricaturale ed uno
Skarsgard Stellan che dopo LE ONDE DEL DESTINO e DANCER IN THE DARK meritava
qualcosa di più, comincia a sovrapporre elementi di disturbo (le presunte
tensioni sessuali del maturo Terry nei confronti di Ruby, i problemi di
socializzazione della ragazzina, le ipotesi gelide di un infanzia da trascorrere
in qualche Istituto per minori) fino a rivelare, dapprima sfocandole,
poi sempre più sfacciatamente gridandole, le mille smagliature di un’apparenza
che nasconde solitudine ed incomunicabilità, minata dalla tossicodipendenza
e dilaniata dagli artigli dell’usura. Leelee Sobieski, che dopo l’ambiguità
della bambina prostituta di EYES WIDE SHUT non ha ancora ritrovato un
personaggio che le consenta di proseguire la sua promettente crescita
professionale, si accontenta, qui, di un ruolo monolitico e superficiale,
limitandosi a sfoggiare il suo repertorio di sguardi liquidi senza nulla
dare del suo talento ad una figura di adolescente che, forse, a dirla
tutta, neppure merita tale investimento. La prevedibilità, che è il difetto
più evidente di qualsiasi pellicola, diventa, in questo progetto con ambizioni
di thriller, un vero e proprio peccato che non viene riscattato, se non
solo in parte, da alcune scelte registiche di pregio che, dilatando o
restringendo gli spazi per assecondare una certa logica del pathos riescono,
a sprazzi, a costruire da sole quel senso di claustrofobia e costrizione
che è il maggior pregio e forse l’unico valido motivo per vedere PRIGIONE
DI VETRO. |
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Elisa
SCHIANCHI |
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