Un piccolo gruppo di uomini composto da soldati e
criminali (con l’apparente eccezione di un medico…) si ritrova paracadutato
in una giungla sconosciuta. Tra loro sembrerebbe non esserci alcun legame,
ma dovranno presto rendersi conto di esser stati “selezionati” da qualcuno
secondo un criterio loro ignoto. Basterà poco tempo e qualche passo nella
giungla per comprendere di essere i protagonisti di una battuta di caccia
aliena in un pianeta lontano, organizzata per sport da una razza di
“predator” più grandi e cattivi di quelli incontrati nei film precedenti.
Gli stessi predator cui eravamo abituati sono qui vittime degli
organizzatori del gioco, i quali si divertono secondo regole precise…
La prima scena ci proietta subito nell’azione, senza bisogno di preamboli:
come il soldato interpretato da Brody ci svegliamo in caduta libera verso un
pianeta sconosciuto. Per una volta l’effetto “shaky-cam” è giustificato e
funzionale. Questa soluzione stilistica temibile ai fini
dell’intelligibilità, abusata in gran parte del cinema adrenalinico
contemporaneo (si veda l’orribile THE A-TEAM: un action movie in cui non si
capisce nulla dell’azione), viene sapientemente abbandonata dopo i titoli di
testa. Da adesso in avanti quello che ci aspetta è un sanissimo, leggero,
solido B-movie girato come una pellicola d’altri tempi. Fantascienza con
muscoli e cervello, senza pretese intellettuali che inficino il divertimento
(ma non per questo “vuoto” o insignificante). Cinema di genere orgoglioso
del suo status e del suo essere “fuori moda”. Horror che intrattiene e che
lascia, a chi ne avesse voglia, la possibilità di trovare i sottotesti che
gli competono.
PREDATORS è concepito come un seguito dell’originale con Schwarzenegger,
ignorante degli avvenimenti di sequel e spin-off successivi. Il titolo già
suggerisce l’ambiguità di fondo su cui gioca il lavoro di Antal: ci sono più
predatori nella giungla, più mostri e più vittime le quali a loro volta sono
mostri del loro piccolo mondo. Gli alieni scelgono infatti gli uomini più
feroci del pianeta terra, i predatori del nostro mondo, per dar luogo ad un
confronto senza pietà, ma infondo leale: non tolgono loro le armi, sanno
riconoscere nell’avversario lo stesso gusto per la guerra che li spinge a
giocare al massacro (la scena di lotta tra lo yakuza e l’alieno), finiscono
personalmente il “lavoro sporco”. E se apparentemente il film adotta il
punto di vista delle “vittime”, degli animali cacciati dal cacciatore, è per
poi ribaltare gli assunti che un tale punto di vista comporta: siamo tenuti
ad abbandonare la dicotomia buoni/cattivi, poiché non c’è nessun puro così
puro con cui identificarsi, nessun mostro così malvagio da non poter
comprendere. Per carità, nulla di nuovo sul fronte del cinema di genere,
tuttavia in mezzo a tanti zeri digitali senza l’ombra d’un idea PREDATORS è
una boccata d’aria fresca. Poi magari se uno vuole approfondire il rapporto
vittima/carnefice sceglie Kim Ki-Duk.
Anche gli omaggi cinefili sono inconsuetamente pochi, mirati e giustificati:
oltre a PREDATOR di McTiernan e un umore che ricorda PITCH BLACK, il
riferimento principale è sicuramente APOCALYPSE NOW, con Laurence Fishburne
intermediario tra le due pellicole. Sia chiaro, non ci sono ambizioni o
sofismi particolari dietro questa scelta, ma sicuramente ha senso mettere in
relazione il film di Coppola sul Vietnam e sul cuore di tenebra dell’uomo
con il piccolo, insensato massacro tra guerrieri di PREDATORS. E con questo
il film di Antal e Rodriguez non prova e non vuole certo emanciparsi dalla
sua natura di B-movie intelligente. Tutto il contrario di blockbuster come
AVATAR (con il quale condivide ambientazione ed alcune tematiche),
giocattolone incapace di superare le molte contraddizioni che lo animano,
pronto a tirare in ballo Coppola per avvalorare la sua critica
all’imperialismo e, al contempo, film imperialista nei mezzi di produzione e
distribuzione, gigante dell’intrattenimento e moralizzatore ecologista che
aspira ad un posto tra i grandi capolavori del cinema americano. Ecco,
PREDATORS magari verrà presto dimenticato, ma in quanto a coerenza interna e
umiltà avrebbe molto da insegnare a fratelli ben più illustri e blasonati
che l’umiltà l’hanno sacrificata sull’altare del botteghino e la coerenza
perduta nella profondità dei dispositivi tecnologici.
14:08:2010
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