
Solita Jingle Bells d’apertura.
Soliti personaggi in crisi.
Solite storie di famiglia.
Sembra davvero banale l’ultimo film di Danièlle Thompson, approdata al
grande schermo con il campione d’incassi LA GRANDE VADROUILLE ma… forse
più adatta alla TV.
Prendi tre protagoniste donne con dubbi e paure stereotipate e portate
all’eccesso, aggiungi il gusto tutto francese per i flirt e i travagli
del cuore, insaporisci con una buona manciata di cinismo e malizia e…mescola
gli ingredienti canticchiando un allegro motivo natalizio.
Se sei fortunato il dessert per il Cenone del 24 è pronto; in caso contrario…potrai
sempre dire di aver realizzato un PRANZO DI NATALE!
Louba è impegnata con il suo spettacolo e le sue canzoni; Sonia si preoccupa
di offrire alla sua famiglia riunita per le feste - e giusto per quelle
- il migliore dei pranzi; Milla è proiettata verso il successo e guarda
tutto e tutti con aria di sfida e sufficienza.
Poi un funerale (ma "Crepare il 20 dicembre non è stata una buona idea!")
spezza una routine consolidata; innesca il vortice dei ricordi (attimi
di pura malinconia per la mamma e il padre - forse - delle tre protagoniste
al pensiero dei trascorsi Natali, degli anni vissuti, degli errori commessi);
scatena lo svolgersi degli eventi (aggrovigliato e confuso, altalenante
tra passato e presente, in bilico tra detto e taciuto).
Tanti i segreti e i colpi di scena in una commedia corale che vive dei
suoi personaggi e delle loro nevrosi senza rinunciare - ci mancherebbe
altro - ad una forte componente ironica insieme critica e dissacrante
("Il Natale è il compleanno di un piccolo ebreo arrivista" dice lo sregolato
padre. "Scopava come un calciatore: dritto in porta e senza mani" confessa
l’emancipata Milla a quel misterioso nuovo amico cui il padre sembra tener
tanto…).
Oltre ad essere obiettivamente efficace e funzionale al genere di film,
l’auto-ironia sembra anche salvarlo da una banalità di fondo che le molte
frasi ad effetto e le presunte massime filosofiche (come "C’è sempre
una vittima ed un carnefice in una coppia" o ancor peggio "Morirai colpevole,
come tutti") non fanno che accentuare.
Pur lavorando su un canovaccio…come dire… di seconda mano, azzeccata
è l’analisi dell’universo femminile cristallizzato in tre età e contesti
diversi.
Nota di merito per Sabine Azéma nel ruolo della sorella maggiore, ragazzina
di quarant’anni forte e altruista. Il suo personaggio, meno stereotipato
e monolitico di quelli toccati a Emmanuelle Bèart e Charlotte Gainsbourg,
entrambe comunque molto capaci, mi sembra proprio per la sua apparente
impossibilità di classificazione, il più fantasioso e originale; vero
proprio perché mutuato direttamente dal reale e costruito poi con
gli avanzi di fantasia delle altre due come se la regista, condensate
le tematiche e le tensioni nelle sorelle minori, avesse concepito Louba
come contenitore d’emergenza per tutto l’inespresso.
Anche Louba ha un grande segreto, come Milla - che è in realtà figlia
del grande musicista morto - o Sonia - che ha scoperto in gioventù l’esistenza
dell’illecito fratellastro-. Eppure il suo segreto non può rivelarlo
a nessuno perché sembrano saperlo già tutti… La sorella lo ha scoperto,
il compagno ne è informato proprio da quest’ultima…
L’unico che lo apprende direttamente dalla voce della protagonista è il
giovane elettricista che - "Faccia un’amniocentesi, alla sua età" - le
risponde senza aria di sorpresa o apprensione nei suoi confronti. La sua
è la dimensione del quotidiano e dell’automatico persino all’interno della
sregolatezza - "Non puoi… non devi lasciare tua moglie il giorno di Natale!
Non si fa!" - suggerisce all’amante.
E’ sempre lei a cantare accompagnata dal violino paterno durante lo spettacolo
che chiude tutto il caotico e stucchevole racconto. La surreale
scena della festa in cui troviamo sedute l’una affianco all’altra le due
rivali in amore come fossero impossibili vecchie amiche che temperano
l’offesa dell’età con sorrisi e bei vestiti, s’infiamma almeno delle note
di un motivo russo dai toni vivaci e decisi, invito buonista e
fuori luogo alla speranza e alla spensieratezza su un tessuto filmico
volutamente confuso e ambiguo che col Natale, luci colorate e pranzi esclusi,
ha davvero ben poco a che fare.
Voto: 21/30
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