
Yosuke è un quarantenne in crisi con la moglie e senza lavoro. Spesso
va a trovare un bizzarro vagabondo di nome Taro che vive in una catapecchia
di Tokyo ed è soprannominato “il filosofo” per via della sua passione
per i libri e per i discorsi complessi di cui è difficile seguire il filo.
Un giorno Taro confida a Yosuke di aver nascosto, parecchi anni prima,
in una casa situata vicino ad un ponte rosso sull’isola di Noto, una statua
in oro raffigurante il Budda rubata in un tempio di Kioto e lo prega di
andare a verificare se la statua si trova ancora in quel luogo ed eventualmente
riprenderla. In cambio del racconto del suo viaggio, Yosuke riceverà in
regalo da Taro la statua di grande valore. Alla improvvisa morte di Taro,
Yosuke si mette in viaggio per l’isola di Noto alla ricerca della statua.
Localizzata la casa vicino al ponte rosso, Yosuke scopre che è abitata
dalla bella e giovane Saeko. Una serie di coincidenze fanno si che Yosuke
abbia la possibilità di conoscere Saeko ed il suo strampalato segreto:
ad intervalli regolari il suo corpo si riempie di una quantità spropositata
di acqua che può essere espulsa solamente grazie ad un energico amplesso
amoroso. Inizia così tra i due una stravagante storia d’amore che, tra
schizzi poderosi di acqua e bizzarri personaggi di contorno, faranno dimenticare
a Yosuke il motivo della sua visita alla casa vicino al ponte rosso. Tratto
da un racconto di Yo Henmi, l’ultimo film del veterano Imamura Shohei
dovrebbe essere, secondo le stesse parole del regista, un curioso omaggio
alla Forza e al Mistero della donna, al suo potere in quanto generatrice
di vita, alla sua capacità di offrire amore incondizionato e, per converso,
al ruolo di subalternità cui è inevitabilmente relegato l’uomo di fronte
al suo cospetto. Lo sgangherato pastiche di commedia favolistica, misticismo
new age e gag di strampalata comicità funziona bene nella prima parte,
in cui si ride a tratti veramente di gusto (spassosi i momenti in cui
entra in scena il corridore africano che sogna una medaglia d’oro
alle Olimpiadi o le incredibili sgambate di Yosuke per raggiungere Saeko
in preda alle “voglie”), ma il troppo alla lunga stroppia e l’insolita
e compiaciuta amalgama finisce con l’avvitarsi su se stessa. La confezione
è impeccabile e tutti gli attori sanno il fatto loro; meno convincenti
invece sono certe cadute di gusto dei dialoghi. L’ennesima dimostrazione
della pochezza dell’uomo di fronte alla purezza dell’animo femminile?
Sintomi di una strisciante misoginia “di ritorno”? Il finale tranquillizzante,
sotto l’ultima copiosa fontana fuoriuscita da Saeko, non scioglie i dubbi.
Voto: 23/30
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