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I turbamenti dei giovani torless sudcoreani scelgono percorsi interiori invisibili e si accompagnano ad istanze votate all'inattuabilità in questa vita, che trascina i postumi di amori impossibili oltre ogni limite tollerabile per adolescenti stupefatti di fronte alla soglia dell'età adulta. Non c'è catarsi se non nell'atto dell'autorecidersi dal flusso vitale, non c'è via di fuga dalle pulsioni assolute che ci fanno desiderare l'atto riconoscitivo da parte dell'insegnante amata dalle distanze siderali di due età diverse: amo ergo sum, esisto solo se l'oggetto del mio amore riconosce come possibile questa istanza. Ma ciò non accade mai, neanche per la ragazzina che si concede come un fiore dentro una serra, dove ha realmente luogo il suo primo incontro amoroso con l'amato incapace di rispondere al suo richiamo. Il suicidio, come taglio nel montaggio dell'esistere, segna l'inizio e la fine della storia, e definisce, per così dire, l'imposta di un arco narrativo che accoglie e distende le vicende di due amici sospesi tra solidarietà cameratesca e solitudine. Il film opta correttamente per un nascondimento dei nuclei emotivi sotto l'evidenza silenziosa di una teoria di esperienze subìte - dalla prima esperienza sessuale alla vita studentesca lontano da casa - e mai veramente desiderate. Ma l'ineliminabilità del desiderio fa deflagrare l'impianto del racconto in un'evidenza rapsodica fatta di scene d'improvvisa vitalità i bagni alle cascate, il balli di gruppo, gli urli improvvisi]. |
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Gabriele FRANCIONI |
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