THE PIANIST
di Roman Polanski
con Adrien Brody e T. Kretschmann



Non convince nè colpisce lo sfogo sincero percorso dai flash di una memoria storica personale e dolorosa, messo in scena da Roman Polanski per incatenare e dissipare i fantasmi del suo passato di sopravvissuto al ghetto di Cracovia. La storia del giovane pianista di talento che vede un intero mondo crollare proprio mentre dalle sue mani finissime escono le melodie più intense di Chopin, infatti, è narrata senza mordente ed in chiave monocorde, con la precisione del documentario d'epoca, con il distacco di chi intende ripercorrere un cammino di dolore senza permettere al passato di procurare nuove ferite. Il risultato è un racconto oggettivo e privo di indugi che non esita a denunciare le pene, le reclusioni, gli stenti e le esecuzioni sommarie rinunciando, purtuttavia, a scandagliare il degradare delle emozioni dei protagonisti dall'incredulità all'attesa all'orrore all'ansia della morte. La pellicola, tratta dalle memorie di Wladyslaw Szpilman, rimane fedele al soggetto originale per un desiderio di realtà che la allontana molto dagli standards Hollywoodiani del film di genere e si avvale della collaborazione di storici e delle testimonianze di molti sopravvissuti all'esperienza del ghetto. La vicenda è quella tragica eppure colma di speranza di un giovane che si sottrae quasi per caso al convoglio per Treblinka e si dà ad una vita ai margini della sopravvivenza tra le macerie di quella che un tempo era la sua città, che quindi si è trasformata in una prigione terrificante ed infine è diventata un deserto da cui doversi difendere. Paradossalmente giungerà in suo aiuto proprio un Ufficiale nazista che, amante della musica e saturo di morte e vendetta, baratterà idealmente cibo e protezione contro musica celestiale per il suo cuore affaticato. Una certa discontinuità nella narrazione rende impossibile attraversare con le lacrime agli occhi scene di agghiacciante realismo quali bimbi lasciati negli angoli a morire d'inedia, vecchi e malati gettati dalle finestre come biancheria sporca di cui liberarsi, i rastrellamenti a tappeto senza schema nè ragione, perchè tutto rimane come immobile sullo sfondo, un già visto da documentario televisivo che mira ad informare piuttosto che a commuovere. Polanski si affranca dal suo incubo ma fallisce nell'intento di regalare al suo pubblico l'emozione della sincerità, la scossa di energia di chi davvero ha visto ciò che narra e può, per questo, vincere il confronto con i tanti altri film sul nazismo confezionati sino ad ora e si limita a rifugiarsi in un angolo mentre le sgranate immagini in bianco e nero accusano, con poco vigore ed al suo posto, i responsabili di una macchia inenarrabile nella coscienza dell'intera umanità.

Voto: 24/30

Elisa SCHIANCHI
24 - 05 - 02


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