
Non convince nè colpisce lo sfogo sincero percorso dai flash di
una memoria storica personale e dolorosa, messo in scena da Roman Polanski
per incatenare e dissipare i fantasmi del suo passato di sopravvissuto
al ghetto di Cracovia. La storia del giovane pianista di talento che vede
un intero mondo crollare proprio mentre dalle sue mani finissime escono
le melodie più intense di Chopin, infatti, è narrata senza
mordente ed in chiave monocorde, con la precisione del documentario d'epoca,
con il distacco di chi intende ripercorrere un cammino di dolore senza
permettere al passato di procurare nuove ferite. Il risultato è
un racconto oggettivo e privo di indugi che non esita a denunciare le
pene, le reclusioni, gli stenti e le esecuzioni sommarie rinunciando,
purtuttavia, a scandagliare il degradare delle emozioni dei protagonisti
dall'incredulità all'attesa all'orrore all'ansia della morte. La
pellicola, tratta dalle memorie di Wladyslaw Szpilman, rimane fedele al
soggetto originale per un desiderio di realtà che la allontana
molto dagli standards Hollywoodiani del film di genere e si avvale della
collaborazione di storici e delle testimonianze di molti sopravvissuti
all'esperienza del ghetto. La vicenda è quella tragica eppure colma
di speranza di un giovane che si sottrae quasi per caso al convoglio per
Treblinka e si dà ad una vita ai margini della sopravvivenza tra
le macerie di quella che un tempo era la sua città, che quindi
si è trasformata in una prigione terrificante ed infine è
diventata un deserto da cui doversi difendere. Paradossalmente giungerà
in suo aiuto proprio un Ufficiale nazista che, amante della musica e saturo
di morte e vendetta, baratterà idealmente cibo e protezione contro
musica celestiale per il suo cuore affaticato. Una certa discontinuità
nella narrazione rende impossibile attraversare con le lacrime agli occhi
scene di agghiacciante realismo quali bimbi lasciati negli angoli a morire
d'inedia, vecchi e malati gettati dalle finestre come biancheria sporca
di cui liberarsi, i rastrellamenti a tappeto senza schema nè ragione,
perchè tutto rimane come immobile sullo sfondo, un già visto
da documentario televisivo che mira ad informare piuttosto che a commuovere.
Polanski si affranca dal suo incubo ma fallisce nell'intento di regalare
al suo pubblico l'emozione della sincerità, la scossa di energia
di chi davvero ha visto ciò che narra e può, per questo,
vincere il confronto con i tanti altri film sul nazismo confezionati sino
ad ora e si limita a rifugiarsi in un angolo mentre le sgranate immagini
in bianco e nero accusano, con poco vigore ed al suo posto, i responsabili
di una macchia inenarrabile nella coscienza dell'intera umanità.
Voto: 24/30
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