IL PIANETA DELLE SCIMMIE
di Tim Burton
con Mark Whalberg, Tim Roth, Helena Bonham-Carter e Estella Warren



Prima ancora della pellicola, quella che è arrivata nelle sale italiane (e nelle aspettative del pubblico) da Venerdì 14 settembre è l'Analogia con l'omonimo film del 1968 al quale l'ultimo lavoro di Tim Burton sta come Il vecchio e il mare di Hemingway a I Malavoglia di Giovanni Verga. Un'analogia tanto invitante nella sua palese evidenza, quanto depistatoria per due film che, pur avendo nel romanzo di Perre Boulle il comune denominatore, in realtà seguono percorsi diversi nella loro trentennale distanza anagrafica e autoriale, nonché sociologica e tecnologica. Ed in realtà seguendo questa chiave di lettura l'opera di Burton è destinata ad uscirne inevitabilmente perdente a causa di quella tensione conservatrice propria dei cinefili e degli addetti ai lavori i quali difficilmente perdonano remake, sequel e prequel di storie che hanno lasciato un solco profondo tanto nella storia del cinema quanto nel proprio immaginario e nei confronti delle quali ci si sente sempre un po' debitori.
Dunque, è necessario liberarsi da ogni pregiudizio ed evitare di cadere nella facile lusinga del paragone ("Occorre disimparare" direbbe Joda il Saggio) ed è, per Il pianeta delle scimmie 2001, quasi un must al quale affidarsi per una serena valutazione del film che ripropone il fascino di questi primati troppo simili all'uomo. Oppure il contrario. E Burton con il capovolgimento della situazione (le scimmie dominano su un genere umano ridotto poco più che al rango di animale domestico) ci gioca e vi alimenta la propria vena di "black humor" ("Non c'è niente di peggio che un teen ager umano in giro per casa") che raggiunge il suo apice nel sorprendente finale. Quindi, molto più che un remake, IL PIANETA DELLE SCIMMIE 2001 può considerarsi a pieno titolo sciolto da ogni vincolo parentale con qualsiasi altra opera dallo stesso titolo. Se proprio si volesse tentare la via dell'accostamento (ma queste operazioni forzose le potremmo lasciare a critici di più chiara fama) si potrebbe dire che Tim Burton ha volto lo sguardo al primo PIANETA DELLE SCIMMIE solo nell'ottica della voglia di immortalare le icone pop del '900 comune a tutta la sua filmografia.
Ma quanto Tim Burton c'è su questo pianeta? Molto. O poco. Dipende dai punti di vista. Si vede il suo tocco nei bellissimi movimenti di macchina che assecondano ed esaltano gli scatti nervosi di uno straordinario Tim Roth, il quale lascia ai propri occhi, densi di labirintica follia, il compito di farsi riconoscere, nonostante il pesante trucco; lo si riconosce nel commento musicale dell'immancabile Danny Elfman. Dove invece il Regista di Burbank fa notare (e pesare) la propria assenza è nella struttura narrativa interpretabile secondo diversi livelli di lettura che è presente in altri suoi film (su tutti il corale MARS ATTACKS!) nei quali la forza di sceneggiatura e dialoghi era sicuramente più incisiva ed imprimeva un ulteriore caratterizzazione alla storia ed ai suoi personaggi. In questo senso non è il miglior Tim Burton, ma in tempi di blockbuster e di un cinema americano spesso senza anima, si tratta di un peccato veniale. Da vedere. 

Voto: 27/30

Antonio VALENZI
17 - 09 - 01


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