persepolis

di Vincent Paronnaud e Marjane Satrapi

Animazione

di Valentina VELLUCCI

 

29/30

 

“Il corpo ingoia il mondo e a sua volta ne è ingoiato”: così Mikhail Bakhtin parlava del grottesco al suo pubblico, sessant’anni fa ormai, nell’avveneristico saggio “Rabelais and his world”.
Allo stesso modo è possibile parlare di Persepolis per tentare di decifrarne la sua natura ibrida: “Persepolis ingoia il mondo e a sua volta il mondo ne è ingoiato”.
Un fumetto che viola il principio di mobilità, un cartone animato che tradisce la legge del lieto fine, un documentario storico e sociale che prende posizione sulla contemporaneità, infrangendo il dogma stesso del qualunquismo contemporaneo.
Persepolis è il corpo che ingoia il mondo e ne è ingoiato perché ne prende le forme, per poi ridisegnarle e ri-raccontarle a modo suo. Persepolis è allo stesso tempo corpo e mondo: ingoia le emozioni del mondo che a sua volta hanno ingoiato i suoi protagonisti, divenendo sempre più una sorta di creatura ibrida.
Un’opera ibrida perché, nonostante sia stata concepita in uno scenario bidimensionale, si sviluppa in una realtà tridimensionale, in cui la colonna sonora ne costituisce la terza dimensione. Le musiche, curate da Oliver Bernet, conferiscono a questo lungometraggio animato la dimensione mancante per essere a tutti gli effetti un tridimensionale specchio della realtà. La dimensione della sensibilità.
Memorabile e grottesco è l’adattamento di “Eye of the Tiger”, che ritma il passaggio di Marjane da un forte stato depressivo al suo riscatto come donna e come iraniana. Una sorta di parodia/omaggio alla pellicola di Rocky, in cui però l’ingenua Marjane si ritrova a fare i conti con ben altri demoni rispetto a quelli di Stallone.
Da bambina in Iran, figlia di una famiglia comunista in continua opposizione alla tirannia dominante, prima quella dello Sha e poi quella della Repubblica Islamica, Marjane si scopre donna adulta ma sola nella fredda Europa.
Una sorta di “fumetto di formazione” che porta lo spettatore (probabilmente più le spettatrici che gli spettatori) a viaggiare insieme a Marjane in un mondo, che da Oriente a Occidente, “è pieno di stronzi”, come le dice la nonna.
Quella che poteva essere sviluppata come la melensa e stereotipata autobiografia a fumetti di Marjane Satrapi, risulta invece un piccolo spezzato di mondo, in cui piccole e universali paure si fondono con le guerre e le rivoluzioni del mondo Orientale e le contraddizioni di quello Occidentale.
La protagonista non è una eroina, non è un personaggio che agisce sempre per il bene comune: è un personaggio che pensa e si mette in discussione continuamente. Una bambina che diventa donna e si trasforma contro la sua volontà, divenendo estranea, nell’anima e nel corpo, sia al “moderno” Occidente che all’integralista Oriente.
Senz’altro il fatto che la stessa Satrapi abbia collaborato alla regia con Vincent Paronnaud, ha fatto si che la trasposizione animata del suo fumetto non abbia perso la sua originale verve.
La scelta del bianco e nero per il passato della protagonista, ha regalato ai personaggi di Persepolis un’espressività talmente reale, da causare quasi un senso di delusione nel momento in cui si torna al presente a colori di Marjane.
Il bianco dei gelsomini della nonna di Marjane e il nero del velo islamico (ma anche della veste delle suore presso cui la protagonista è ospite) scandiscono il film secondo un unico percorso di senso di base: la coerenza e l’integrità con stessi, consigliati dalla nonna, contrapposti alla fede cieca nel pregiudizio e nel pensiero dominante, che caratterizza ogni tipo di obbedienza integralista e bigotta, presente sia nel mondo Orientale sia in quello Occidentale.
Memorabile in Persepolis è senz’altro la scenetta fra Dio e Marx, in cui Marx si permette persino di copiare una delle più famose battute di Gesù (“Alzati e cammina”), ricevendo da Dio una sarcastica alzata di sopracciciglio per tutta risposta.
Davvero di effetto è la scena in cui un missile colpisce la casa dei vicini di Marjane. Lo spettatore per un momento è costretto a prendere il punto di vista dello stesso missile e finisce per schiantarsi con lo sguardo dritto dentro il palazzo dei Babalevi. A questa scena segue un pregevole omaggio ad Edward Munch. Marjane vede, fra le macerie, la mano morta della sua vicina di casa, e d’improvviso il suo volto si trasfigura nell’Urlo dell’angoscia di Much: come nel quadro del pittore norvegese il cielo sembra tingersi di rosso sangue, così intorno a Marjane tutto si fa nero e nel dissolversi dell’immagine rimane solo il suo volto, trasfigurato, che si spegne sospeso di fronte alla Morte.
Persepolis non è solo un fumetto, non è solo un cartone animato, non è un film e non è nemmeno, solo, un romanzo di formazione. È una creatura ibrida fra animazione e realtà che lascia lo spettatore da un parte divertito dall’ironia che caratterizza quest’opera, dall’altra inquietato dal suo realismo. Dall’altra parte ancora, pieno di domande, proprio come la piccola Marjane.
 

14:03:2008

persepolis

Regia: V.Paronnaud e M.Satrapi
Francia 2007, 95'
Data uscita in Italia: 29 febbraio 2008
Genere: Animazione